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Emphatia 1809

Emphatia 1809 - Bruno Mah
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Libro 7: Bergderbil: il Terzo Livello: l'Averno

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​​Il Dono della Principessa Diamante

Quando realizzò l’importanza di crearsi una zona di sicurezza che la proteggesse dal resto del mondo non aveva ancora diciotto anni, ma già il Dono aveva iniziato a manifestarsi. Con piccole cose, piccoli segnali ma che inequivocabilmente la rendevano diversa e che la facevano anche sentire diversa. E’ sempre stato chiamato ‘Il Dono’ questa sua capacità di percepire gli stati d’animo delle persone che aveva vicino, li percepiva e li faceva propri. Sia le sensazioni buone che quelle non buone. All’inizio erano solo piccole cose che lei riusciva a fare sue per poi scacciarle via. Normalmente le scaricava in una bacinella piena di acqua. L’acqua era un componente fondamentale per la Principessa Diamante, oltre a darle sicurezza funzionava soprattutto come un elemento conduttore, anche se esterno, per il funzionamento del suo Dono. Forse non è un caso che la Principessa abbia chiesto al Sig. Mah di portare il suo corpo ad Emphatia, la città sommersa, la città che vive sotto al mare. La città che con le sue acque nasconde la Fiamma. Chissà, forse nemmeno questo è un caso.

Si era resa conto subito che l’esercitare questo dono, utilizzato per il bene del suo prossimo, la indeboliva molto. Fin dal principio il consumo di energia  che l’utilizzo del dono richiedeva la costringeva ad un necessario riposo ma bastava poco per tornare ad essere di nuovo in forma. Eravamo all’inizio e questo era solo l’embrione di quello che sarebbe stato riconosciuto universalmente come ‘Il Dono’ della Principessa Diamante.

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La prima volta che perse i sensi aveva sedici anni, stava cercando di scacciare quello che sembrava essere solo un brutto pensiero dalla testa di un suo conoscente, ma la realtà invece era che questo non era un brutto pensiero, era un Demone. Di bassa levatura, si intende ma era la prima volta che la Principessa ebbe a che fare con un Demone. Si accorse subito che questa volta era diverso ma la sua tenacia la indusse a continuare. Riuscì in breve tempo a scacciarlo, era stato abbastanza semplice ma la quantità di energia utilizzata questa volta era stata molto maggiore del solito. Non svenne subito, ebbe prima una sensazione molto strana che si manifestò appena sconfitto il Demone, nel momento che l’adrenalina lasciava il posto ad un senso di rilassamento. Il ragazzo appena liberato dal demone si accorse che la Principessa non stava bene e tentò di avvicinarsi per aiutarla. Non fece a tempo, la Principessa per la prima volta in vita sua svenne. Questo fu il momento nel quale si accorse dell’esistenza di un’altra dimensione. Normalmente quando una persona perde i sensi non ricorda

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nulla, ma la Principessa una volta ripresi i sensi si accorse che era stata da qualche altra parte. Era tutto ancora non definito, confuso, ma era indiscutibile il fatto che per un po’ di tempo Lei, o la sua essenza erano ‘altrove’.

​​La Pianura della Mimosa

Il Demone era stato scacciato, il ragazzo stava bene ma Lei, la Principessa, avvertì qualcosa di strano. Era una sensazione già provata in realtà ma questa volta era molto più forte. Era una nebbia nera che saliva nella sua testa e cancellava tutto. Cercò di fissare il ragazzo, di aggrapparsi a qualcosa di concreto, ma questa nebbia nera era devastante. Non poteva fare di niente, era come se un portale estremamente efficiente la stesse trasportando da un’altra parte al di là della sua volontà.

Si ritrovò nel mezzo di un vasto prato colorato esclusivamente da fiori gialli. Erano un particolare tipo di margherite a dargli questa colorazione. Ai confini del prato vi era un fitto schieramento di alberi che sembravano messi li apposta per proteggerlo. O per nasconderlo. I fiori che questi alberi crescevano erano anch’essi gialli: erano le più belle mimose che si potessero immaginare. Si guardò intorno, non stava male, anzi, si sentiva proprio bene. Non durò molto, ma abbastanza per capire che quella dimensione era reale. Quando si riprese, il campo dei fiori gialli ovviamente era scomparso e lei si trovava sdraiata a terra con il ragazzo che le teneva in alto le gambe. “Cosa è successo?” chiese la Principessa. Il ragazzo la guardò senza rispondere, non fece a tempo, la Principessa continuò. “Sono svenuta?”. Il ragazzo fece un gesto affermativo poi le lasciò le gambe e lentamente la aiutò ad alzarsi. “Non mi è mai capitato prima” proseguì la Principessa, “non è una brutta sensazione, ma speriamo che non succeda più”. Invece non fu così, le richieste di aiuto col tempo si intensificarono molto e quasi sempre, per non dire sempre, alla fine delle operazioni la Principessa sveniva. La cosa divenne insopportabile tanto che le affidarono la Dama di Corte, un’ autentica bomboletta energetica che collegandosi con lei le consentiva di utilizzare la sua energia. Lei, la Dama, aveva una riserva praticamente infinita e da quel momento finirono anche gli svenimenti della Principessa. Almeno quelli causati dal consumo di energia dovuti all’utilizzo del Dono. Ma dal primo svenimento a quando le affidarono la Dama passarono quasi due anni e in quel tempo la Principessa imparò a viaggiare. Ogni volta che perdeva i sensi finiva in questo posto magico, e ogni volta diventava sempre più suo. Il posto dove andava era un frammento del Metaverso di Luce e lì spesso trovava altre anime che ci andavano abitualmente. Vi erano diversi modi per arrivarci, le Scintille e le Reminiscenze utilizzavano ad esempio la meditazione, oppure l’utilizzo di certe sostanze. Gli artisti e i Cuori Sanguinanti ci potevano andare esercitando la loro capacità artistica. La Principessa ci andava da svenuta. Almeno all’inizio, poi imparò ad andarci anche con la meditazione. O con un buon bicchiere di vino e la musica appropriata. Il modo che le piaceva di più era andarci mentre ballava.

Con il passare del tempo la potenza del Dono aumentava, e aumentava anche la consapevolezza della Principessa sul suo utilizzo. Dopo tanto tempo la Principessa non si limitava più a scacciare qualche brutto pensiero o qualche demone ma aveva imparato a scavare in profondità nella mente delle persone e riusciva ad estrarre le cose dimenticate, tutte quelle immagini appartenenti anche a vite precedenti, quelle immagine nascoste dal Reset dei Manipolatori. E allora divenne pericolosa per il sistema perché aveva il potere di mostrare al mondo le immagini della città dimenticata, le immagini della città perduta nel tempo. Lei aveva conoscenza della città di Emphatia perché ne possedeva le immagini. Successe di tutto, e tanto di questo è raccontato in Nothing, i Manipolatori la rapirono e la tennero prigioniera per oltre un anno nella Prigione del Tempo nel Metaverso Oscuro, tentarono di portarle via il Dono, riuscirono anche per qualche tempo a nasconderlo, le portarono via la Dama di Corte rendendole più difficoltoso l’esercizio del Dono.

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Il Labirinto

La cosa stava diventando decisamente pericolosa, il Dono in mano ai malvagi può fare danni inenarrabili. Fu così che decise di costruire un labirinto dove avrebbe potuto nascondervisi nei momenti più pericolosi. Scelse il terzo quadrante del Metaverso di Luce, una zona ancora completamente disabitata. Il luogo non aveva ancora un nome, così lo chiamò la ‘Pianura della Mimosa’ e ogni volta che ne aveva la possibilità ci andava e con il tempo e con infinta pazienza realizzò il suo Labirinto. Era un labirinto di siepi molto alte e talmente intricato che nessuno al mondo avrebbe potuto districarvisi. Il Labirinto aveva una particolarità unica: mutava. Ad ogni periodo di tempo programmato dalla Principessa le siepi si spostavano modificando completamente la struttura del Labirinto. Ovviamente la Principessa conosceva bene i punti di riferimento e pertanto in qualsiasi tracciato si presentasse il Labirinto Lei era in grado di arrivare sempre al centro. Sì, nel centro, perché proprio nel centro del labirinto si trovava la sua casa. Una casa su due piani molto piccola, al massimo ci potevano vivere due persone. Quello era il suo rifugio sicuro: La piccola casa al centro del Labirinto nella Pianura della Mimosa nel terzo quadrante del  Metaverso di Luce, esattamente nella posizione corrispondente alla Piccola Cattedrale del primo quadrante. Negli ultimi tempi ci andava

sempre più spesso perché le cose nel Mondo Cardine continuavano a peggiorare e le possibilità che potessero mettere a rischio il Dono aumentavano ogni giorno.

Nel tempo della sua permanenza nel Labirinto scrisse un libro che raccontava molti particolari della sua vita e del labirinto stesso, sulle motivazioni per il quale era stato creato e anche altre cose molto interessanti. Ovviamente questo libro non può essere di dominio pubblico anche se non contiene indicazioni pericolose, pertanto si è deciso di stamparne pochissime copie e tenerle tutte nella libreria di Land’s End, nell’Emphatia Spore e a parte pochissimi e selezionati casi lasciarle consultabili solo all’interno dell’edificio. Uno di questi casi è ovviamente la copia che si trova nella casa della Principessa.

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La Strega Pittrice (Pt 1)

C’era un motivo inconscio sul perché avesse costruito la piccola casa per due persone e il motivo era la sua consapevolezza che quel segreto lo doveva condividere per la sua sicurezza con una persona di fiducia. Una persona che avrebbe potuto raggiungerla nel caso di bisogno, una persona che doveva conoscerne i segreti. Non ci fu bisogno di scegliere la persona, era evidente che fosse la Strega Pittrice, la cosa difficoltosa era portarcela. Certo, avrebbe potuto darle una botta in testa ma non era una soluzione praticabile, non poteva sapere dove sarebbe finita la reminiscenza della strega… allora la invitò a casa sua nel Mondo Cardine dicendole che doveva dirle una cosa importante. In fondo era la verità. Non ci soffermeremo sui particolari, tutto questo e molto altro è già stato scritto dalla Principessa nel libro prima citato quindi diremo solo il necessario. La Principessa mise una sostanza nel drink della strega e un attimo prima che la strega perdesse i sensi la Principessa le prese le mani e l’avvicinò a se. E mentre nel Mondo Cardine accompagnava lentamente il corpo della strega  a terra nel Metaverso di luce le sorrise mostrandole il prato di fiori gialli. E il Labirinto che aveva costruito. Entrarono nel labirinto e con calma spiegò tutto alla Strega Pittrice, il perché avesse costruito il labirinto e la necessità di condividere con lei questo suo segreto. Naturalmente le spiegò anche il trucco che usava per riconoscere sempre la strada e non perdersi. La Strega imparò velocemente e altrettanto velocemente arrivarono alla casina del Labirinto. Entrarono e si versarono da bere. La Strega guardò la Principessa come a chiedere se anche questa volta ci fosse dentro qualche sostanza. La Principessa sorrise e rispose alla domanda fatta con gli occhi: “Stai tranquilla, non c’è niente. Scusami per prima ma era l’unico modo per farti arrivare qui, poi col tempo imparerai a viaggiare e ci saprai arrivare da sola”.

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Da allora è passato molto tempo, la Strega Pittrice ha imparato a viaggiare come pochi e molto spesso si è recata nel Labirinto, anche da sola. Per dipingere, sì, era davvero un ottimo posto, tutto il terzo quadrante del Metaverso era completamente disabitato, ci stavano solo Lei e la Principessa. Era diventato il loro rifugio ed entrambe sapevano benissimo come gestirlo. Era il loro segreto ed era anche una sicurezza per la Principessa Diamante. Negli ultimi anni la Principessa creò addirittura una copia, o meglio una condivisione del labirinto nella sua testa in modo da poterci andare in qualunque momento, anche senza dover alterare le sue percezioni e quindi arrivarci molto velocemente. Sembrava la via di fuga perfetta… e invece, e invece non bastava ancora. La devastante forza dei Deva e degli Asura minacciavano costantemente la sicurezza del Dono e degli altri segreti della Principessa costringendola così ad operare un perfezionamento al Labirinto. Installò all’interno della casina, il Computer Centrale e condivise anche questo nella sua testa. Il Computer Centrale gestiva solo un programma, quello dell’autodistruzione. C’era un monitor che visualizzava delle lettere le quali prevedevano l’introduzione al loro seguito di alcuni parametri: B… ed R…, una tastiera che serviva proprio per introdurre questi parametri ed un interruttore da usare solo in casi estremi. Quell’interruttore era situato proprio nel mezzo del computer ed era accompagnato da una etichetta con scritto ‘off’. Posizionando l’interruttore su ‘off’ si sarebbero disattivate completamente le funzioni vitali della Principessa. L’autodistruzione fisica e metafisica e come la storia ci ha raccontato, il momento estremo purtroppo era arrivato.

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C’è solo una cosa che non riusciamo a capire, quando la Principessa ha premuto l’interruttore azzerando le sue funzioni vitali il Labirinto nel terzo quadrante è rimasto intatto. Questo potrebbe dipendere dal fatto che la Principessa costruendolo ne abbia dato le caratteristiche Rom, cioè quelle che mantengono intatta la struttura anche senza l’ausilio di anime o reminiscenze… ma forse potrebbe essere anche qualcos’altro.

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Caronte il Traghettatore

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Il Sig. Mah mostrò il lasciapassare ottenuto alla grande per aver brillantemente superato il processo nella libreria di Land’s End. Il Traghettatore, sempre senza mostrare il volto, ripetè la domanda: “Sig. Mah, hai il lasciapassare?”. Il Sig. Mah era un po’ indispettito, erano almeno trenta secondi che teneva il lasciapassare in mano. Poi capì. Il Traghettatore non voleva vedere il lasciapassare, voleva solo sapere se il Sig. Mah lo avesse. Il Sig. Mah rimise nel portafoglio il lasciapassare e rispose: “Si, certo che ce l’ho”. “Molto bene!” proseguì il traghettatore: “Accomodati pure, non sarà un viaggio breve”.

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Lo Stige rappresentava il confine fisico tra il Metaverso Luminoso e il Metaverso Oscuro ed era considerato uno spazio neutro. In realtà non era attraversabile a nuoto per le sue enormi dimensioni, per passare da una riva all’altra ci volevano più o meno 5 ore di navigazione, inoltre la sua fauna marina non avrebbe lasciato scampo a nessuno. Pesci carnivori e creature inimmaginabili popolavano le acque turbolente dello Stige, lo scopo era quello di impedire a chiunque di attraversare il confine. Questo valeva sia da una parte che dall’altra e ovviamente per motivi completamente diversi. I Demoni del Metaverso Oscuro non volevano che le anime nere fuggissero dai loro inferni e soprattutto non volevano la presenza di Anime Luminose nel loro Metaverso mentre le anime del Metaverso Luminoso sapevano quanto fosse pericoloso andare sprovveduti nel Metaverso Oscuro e quindi, salvo lasciapassare, si cercava di disincentivarne al massimo l’attraversamento. In realtà nessuna anima del Metaverso di Luce aveva mai avuto l’intenzione di attraversarlo. Salvo motivi assolutamente particolari.

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La necessità di riposo, fisiologica nel Mondo Cardine, nel Metaverso era più una necessità indotta da convinzione, in pratica per le Anime ancora poco avvezze ai Metaversi il riposo era più un’esigenza di natura psicologica. Navigarono una mezzoretta senza dirsi una parola, il Sig. Mah ne approfittò per soddisfare questa esigenza psicologica e riposò un po’. Fu Caronte a parlare per primo: “Le notizie arrivano anche sullo Stige, pare che i Demoni sappiano che tu vuoi andare a Bergderbil per prendere il corpo della Principessa e portarlo ad Emphatia”. Il Sig. Mah non disse niente. Caronte continuò: “Non sarà un compito facile, i Demoni non te lo permetteranno”. Era una palese bugia, come facevano a sapere che il Sig. Mah voleva andare a prendere il corpo senza vita della Principessa, potevano sapere che ci voleva andare quando ancora era viva, ma adesso non aveva alcun senso logico. La tattica del Sig. Mah era sempre la solita, lasciare parlare che aveva di fronte, proprio per capire chi aveva di fronte. Dopotutto Caronte era pur sempre un Demone e non stava certo dalla sua parte. Questi erano i pensieri che frullavano nella testa del Sig. Mah. Quindi proseguì nel suo silenzio. Restava però il fatto che Caronte avesse azzeccato il motivo del viaggio e questo lo rendeva un po’ inquieto. Decise di non preoccuparsene e di tenere saldamente schermate le parti della sua mente che contenevano i segreti. In questo momento si accorse che probabilmente Caronte era riuscito a leggere qualcosa mentre si era appisolato e adesso tentava di estorcere qualcosa di più. Caronte proseguì nel suo monologo dimostrando che era assolutamente in grado di oltrepassare le schermature del Sig. Mah: “Questa è una zona neutra e io sono un Demone ma non per questo sono dalla parte degli Arconti o degli Arcangeli, io devo svolgere un compito dall’inizio dei tempi e fui creato per questo scopo, altro non mi importa. Io sono figlio di una antichissima collaborazione tra Arconti e Arcangeli, quindi non devo obbedienza a nessuno dei due, gestisco questa parte di Metaverso chiamata Stige e qui sono al di sopra di tutti. Nessun pensiero può essere schermato a me in questa zona. E’ vero, i Demoni sanno che tu volevi andare a Bergderbil per portare via la Principessa, ma sanno anche che ci andrai lo stesso anche se la Principessa non è più viva. Non sanno il perché, ma vedo che il perché non lo sai neppure tu. Ciononostante lo stai facendo. Molto interessante Sig. Mah. Sembra che te lo abbia chiesto qualcuno di molto importante”. Il Sig. Mah capì che entro breve tempo Caronte avrebbe saputo che la richiesta arrivava niente di meno che dalla Principessa, quando era ancora viva si intende, ma una richiesta fatta dalla Principessa si traduceva come un ordine. Per questo il Sig. Mah stava andando a Bergderbil. Per questo? Solo per questo? Forse c’era anche qualcos’altro ancora non ben definito, il Sig. Mah lo sentiva forte e chiaro.

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Il Sig. Mah prese la mappa dal portafoglio, la osservò e la mappa cambiò ancora. Per prima cosa divenne reale, nel senso che quello che prima era semplicemente azzurro adesso era davvero il mare con tutte le sue sfumature, e anche l’erba, e le zone montuose, i laghi e i fiumi, era diventato tutto reale. Anche le zone che prima erano semplicemente dei rettangoli ora acquisivano una fisionomia precisa. Erano tre però le cose che lo colpirono: una ferrovia subacquea limitrofa a tutto il Metaverso, una stazione ferroviaria sotto il mare di Land’s End e finalmente la comparsa della città sottomarina di Emphatia. Si vedeva bene anche la scalinata che dalla grotta portava alla città. Il Sig. Mah si accorse che erano spariti tutti i tracciati del percorso che aveva già fatto proprio nel momento in cui apparve sulla mappa un nuovo tracciato. Il nuovo tracciato evidenziava un nuovo percorso, la sua colorazione era gialla intensa ed una luminanza sempre gialla ma ancora più intensa ne evidenziava un inizio ed una fine. Il tratto partiva da Land’s End per terminare alle scalinate che conducono alla città di Emphatia. Per la prima volta la mappa indicava il percorso che il Sig. Mah avrebbe dovuto fare e non più quello che aveva già fatto.

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Vide chiaramente il punto dove lo avrebbe condotto il Traghettatore, proprio al confine con il terzo livello di Bergderbil, da lì avrebbe dovuto proseguire fino al secondo livello, poi al primo e solo allora avrebbe potuto raggiungere le Cattedrali di Bergderbil.

Fu in questo momento che Caronte gli confermò quello che già sospettava: “Conservala bene quella mappa, quello che hai appena visto è la sua ultima evoluzione. Le mappe delle Anime del Metaverso di Luce non evolvono nel Metaverso Oscuro, restano statiche”.

Detto ciò Caronte riprese il discorso precedente: “E’ stata la Principessa stessa a dirtelo, ha lasciato un messaggio quando era ancora viva…”. Il Sig. Mah a questo punto capì perfettamente il perché non gli fosse stato detto il motivo, perché la Principessa sapeva che qualcuno avrebbe potuto leggerlo. Ebbe un sentimento di ulteriore ammirazione per la Principessa, sembrava che sapesse già tutto. Sorrise sarcasticamente a Caronte quando si accorse che Caronte non avrebbe mai potuto sapere il motivo per il quale avrebbe dovuto portare il corpo senza vita della Principessa ad Emphatia. Naturalmente gli avrebbe fatto piacere saperlo lui il motivo, ma capiva bene che era meglio così.

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I due erano di fronte l’uno all’altro, il Sig. Mah rinunciando a schermare inutilmente i suoi pensieri decise di pensare lo stesso liberamente. Si chiese come mai i demoni non avessero dato l’ordine a Caronte di gettarlo nello Stige visto che sapevano che stava andando a Bergderbil. Caronte sorrise nel vedere questo pensiero e aggiunse ad alta voce: “Il viaggio è ancora lungo…”.

Non riuscì a spaventare il Sig. Mah, la sua logica era superiore alla paura. Se lo avesse voluto gettare nello Stige lo avrebbe già fatto. “Corretto” rispose Caronte al pensiero del Sig. Mah, “anzi credo che posso dirti di più: Cronos in persona mi ha ordinato di agevolare il tuo viaggio”.

Questo pensiero lo accompagnò per tutto il viaggio, la cosa era estremamente interessante, sempre che Caronte non mentisse, era un Demone e la menzogna fa parte del suo DNA ma non aveva senso mentire, quale vantaggio ne avrebbe avuto. Gli Arconti avevano chiesto a Caronte di agevolargli il viaggio, quindi non solo sapevano che il Sig. Mah voleva andare a Bergderbil, ma ce lo avrebbero anche lasciato andare. Si concesse il beneficio del dubbio, ma la cosa era logicamente credibile.

Non si dissero altro, non si erano nemmeno particolarmente simpatici, il Sig. Mah approdò con Caronte sull’altro lato dello Stige, nel Metaverso Oscuro, precisamente dove iniziava il terzo livello di Bergderbil: l’Averno.

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Bergderbil, Terzo Livello: l’Averno

Sterpaglie, spazzatura, lattine, ruote di biciclette, pezzi di copertone ecc. ecc. erano ammassati a formare autentiche colline di rifiuti. C’era qualche baracca disabitata e un cartello abbastanza grande da poter essere letto a distanza: “Benvenuti a Bergderbil, nel suo terzo livello: l’Averno”. E poi sotto, scritto con una bomboletta spray: “Anime dell’altro Metaverso, gettatevi nello Stige, avrete più possibilità di sopravvivenza che nell’Averno, fatevi questo favore”. Appena un po’ sotto, sempre nello stesso cartellone e sempre con la bomboletta spray c’era un’altra scritta: “Land’s End Fuck!!!”.

Diciamo che il primo impatto non era incoraggiante. Il Sig. Mah aveva sentito parlare del terzo livello di Bergderbil ma ne lui ne nessuno di sua conoscenza ci era mai stato.

Osservando la mappa vide che per arrivare al secondo livello avrebbe dovuto fare un bel po’ di strada, si guardò intorno per vedere se ci fosse qualche indicazione. Non trovò niente. La scelta era comunque obbligata, ad est lo Stige, ad ovest la strada costiera sul mare, a nord il mare, doveva andare per forza a sud. La strada che doveva percorrere si trovava ad un centinaio di metri dalla riva dello Stige ed era abbastanza grande. Sembrava un’autostrada, due corsie per ogni senso di marcia, era deserta, maltenuta. Attraversò quella pianura di spazzatura, scavalcò una specie di guardrail  e iniziò l’ennesimo percorso. Il sole stava sorgendo alla sua sinistra, e questo gli fece capire che era mattino presto, ma essendo nel Metaverso non è che potesse avere una gran significato, era solo una proiezione di quello che la sua mente si portava dietro dal Mondo Cardine. La struttura che stava attraversando era completamente ROM, cioè come ormai sappiamo, una struttura fissa preimpostata senza nessuna variante. Quello che si vede è. Nessun guizzo di fantasia, nessun colore che ricordasse la vita. La luce era tenue, sembrava filtrata da qualcosa di invisibile che galleggiava nell’aria. Nessun suono, nessun canto di uccelli, solo silenzio. E dopo ancora silenzio. La strada era dritta, senza curve, un panorama desolante, ai lati sempre colline di spazzatura e niente altro. Dopo qualche ora di cammino qualcosa cambiò. In lontananza un rumore che sembrava una sirena molto cupa ruppe quel silenzio che stava diventando pesante. Non che il suono cupo di quella sirena migliorasse la situazione, ma almeno funzionava da indicatore che qualcosa stava succedendo. Fino a quel momento il Sig. Mah non incontrò nessuno e nessun veicolo gli passò accanto. Né in un verso né nell’altro.

La Stazione di Servizio

Ci doveva essere per forza, era quello che il Sig. Mah aspettava, magari anche solo per una colazione, ma in una strada che aveva tutte le caratteristiche di un’autostrada non poteva mancare una stazione di servizio, un autogrill. Eccolo lì, sulla sua destra, proprio nella sua direzione di marcia. Ci entrò, ma quello che vide era ancora più desolante del resto. Una stazione deserta, pompe in disuso lasciate scolorire dal tempo, la decadenza del casottino dove forse un tempo si poteva fare colazione o comprare qualcosa, ricordava l’autogrill dell’inferno. A quel punto il Sig. Mah prese davvero coscienza di dove si trovava veramente perché quello era davvero l’autogrill dell’Inferno. Fuori solo qualche carcassa di automobile e all’interno niente. Niente da mangiare, niente da bere, solo qualche bottiglia rotta per terra un po’ di vetri qua e là polvere e sporcizia ovunque e ancora nessun segno di vita. Forse era meglio così. C’era comunque un tavolino con un paio di sedie intorno, il Sig. Mah decise di riposarsi un po’ e provare a riflettere. Almeno avesse la sua fiaschetta di rum, ma no, nè borsina ne fiaschetta… anche perché quella cara fiaschetta ti è caduta e si è rotta nella piazza di Land’s End, lo ricordi giusto? Sì, lo ricordava bene e ricordava anche bene la bellezza di Land’s End, la bellezza del posto e delle sue Anime. Ricordò il Sindaco che aveva detto che i Demoni volevano realizzare l’Averno anche nel Mondo Cardine. Ora capiva molto bene che questo doveva essere impedito e non aveva visto ancora niente.

Trovò un giornale posato sul tavolino, mancava la prima pagina ma il nome del giornale era comunque riportato in piccolo su tutte le altre pagine: ‘La Repubblica Transumana dell’Averno’. Guardò la data: ‘22 Agosto 2022’. Eravamo ormai nel pieno del Mondo di Dopo e le cose si evolvevano in maniera sempre più preoccupante. Il Sig. Mah controllò la data odierna nel suo cellulare per essere sicuro che la data riportata sul giornale avesse almeno un senso. Erano le 13,23 del 26 Agosto 2022. Quindi il giornale era anche abbastanza recente e questo voleva anche dire che qualcuno non troppo tempo fa era stato qui. Trovò notizie sul Mondo Cardine ed ebbe la conferma che la guerra infinita delle due massonerie continuava in maniera sempre più intensa, sembrava evidente che ogni mossa che entrambi facevano era solo per giustificare una ‘inevitabile’ guerra nucleare. Anche la resistenza si era evoluta ma non riusciva a fare un fronte unico e gli errori che commetteva erano molto gravi. Sperava utilizzando sistemi ‘democratici’ messi a disposizione dal sistema stesso di smontare il sistema. Sembra cosa piuttosto improbabile, la realtà era che molti di quelli che erano stati artefici della resistenza nei momenti bui della grande manipolazione si stavano trasformando anche loro in servi burattini e manipolatori cercando di canalizzare forze resistenti in una lotta controllata dal sistema. Altre pagine riportavano notizie locali sul progetto di trasformazione dell’essere umano in Transumano, spiegavano che il progetto era molto avanti nel terzo anello di Bergderbil e il sogno dei Demoni di trasferirlo nel Mondo Cardine era sempre più vicino. Il genere umano sembrava davvero inconsapevole di tutto questo, viveva una non vita, completamente succube e rincretinito da qualunque balla raccontata da giornali e televisioni. Si era arrivati a numeri imprecisati di inoculazioni di sieri infernali sempre con la promessa che ogni volta fosse quella risolutiva. I disastri del siero infernale erano davanti agli occhi di tutti, ma questi occhi guardavano quello che i manipolatori dicevano di guardare. Pochi, veramente pochi si stavano rendendo conto della trasformazione in atto. “Gli occhi chiusi della Principessa Diamante erano l’immagine di questo mondo morente: Il Silenzio Intero”. Mai come adesso questa verità raccontata da Nothing era reale.

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Il Sig. Mah provò un dolore allo stomaco quando gli venne in mente questa frase di Nothing, era difficile accettare che la Principessa non ci fosse più era difficile davvero. Continuò comunque a sfogliare il giornale, vi erano alcune foto impressionanti di esperimenti disumani fatti sui residenti dell’Averno. Quantità incalcolabili di microchip impiantate sottopelle ad esseri umani per testarne l’efficienza, alcuni riducevano l’uomo ad un autentico burattino. I microchip che erano prossimi alla distribuzione anche nel Mondo Cardine permettevano di fare all’essere umano con il proprio corpo qualunque cosa fosse in grado di fare un computer: pagamenti, controlli sanitari, permessi di vario tipo per poter fare delle cose, anche solo per poter giocare a pallone, se il microchip segnalava qualche disfunzione, tutto veniva bloccato dal sistema centrale e a seconda dei casi si poteva passare dal blocco dei conti bancari alla reclusione forzata. Da notare che il microchip non faceva gran differenza se la disfunzione fosse di natura sanitaria o se magari non avevi pagato una bolletta della luce. ‘Transumano’ e ‘Disumano’ suonavano come sinonimi al Sig. Mah. Un mondo così non lo voleva proprio, nessuno sano di mente lo avrebbe voluto, ma pochi vedevano il pericolo. Eppure questi Demoni avevano scritto tutto nei loro libri, tutto era stato annunciato, loro sono costretti ad annunciare i loro crimini, ma l’ipnosi collettiva aveva offuscato tutto, e come i lemmings si estinguono naturalmente con un suicidio collettivo gettandosi dai dirupi, l’essere umano stava viaggiando ubbidiente e cieco verso la sua estinzione, dopo il successo indiscutibile del più grande e riuscito esperimento sociale della storia.

 

Bisogna arrivare a Nothing

Bisogna arrivarci ora

Perché quegli occhi si possan riaprire

E quel viso ancora sorridere

 

Sembrava un ricordo lontano questa poesia di Nothing, invece era la realtà, anzi, magari fosse la realtà, perché allora gli occhi della Principessa si potevano ancora riaprire e la speranza per il genere umano era ancora viva.

Un altro pugno nello stomaco, quando vide una foto della Principessa. La foto non era recente e l’articolo riportava dei probabili accordi che avrebbe trovato con i ministri di Bergderbil. La Principessa era ancora viva al momento della pubblicazione del giornale. Almeno avesse quella fiaschetta di rum, non per berla tutta, solo un goccio, certe volte è proprio necessario.

Inutile dire che in tutto l’autogrill non vi era nemmeno una birra, altro che Dark Metaverse, nemmeno una Peroni.

Lanciò il giornale sul tavolo e si accese una sigaretta. Di quelle buone, quelle che si faceva lui. Ci metteva dentro rum o assenzio. Beh, queste avevano il tabacco bagnato dal rum, se lo doveva far bastare.

Guardò ancora la mappa più per curiosità che per necessità. Niente, non si muoveva più, era diventata statica, esattamente come quel maledetto mondo nel quale si trovava ora.

Si guardò intorno e vide dei vecchi diffusori appesi ai muri, ma non sperò neanche per un secondo che si potesse ripetere la magia successa alla Cattedrale quando nel Dark Sanctuary le note di Epitaph avvolsero l’intera stanza. Queste erano più statiche della morte, battito cardiaco piatto. Gli scappò una risatina che terminò soffocata dal rumore di una moto che stava arrivando. Era una moto di grossa cilindrata con il tubo di scappamento bucato. Si alzò, andò dalla finestra per vedere chi stava arrivando. Dalla moto scese una figura femminile vestita da Poliziotta, dico vestita da Poliziotta perché il vestito che aveva ricordava più le poliziotte dei film hard. Berretto di pelle nera con visiera, divisa blu estremamente scollata, evidente mancanza di reggiseno e un gonnellino blu ancora più corto del vestitino che avevano indossato alla Principessa.

E un mitra. Ecco, quello faceva la differenza. Era una vera Poliziotta dell’Averno di Bergderbil.

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La Poliziotta dell’Averno

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Spense il motore e scese dalla moto. La mise sul cavalletto, caricò il mitra e si avvicinò all’edificio. Era un’espressione sobria quella che utilizzò il Sig. Mah per descrivere la sua impressione: “Occazzo, e ora?”. Fece per prendere la fiaschetta di rum… ah già, non c’era. Si voltò per allontanarsi dalla finestra proprio mentre la Poliziotta (capelli lunghi e biondi e naturalmente talmente bella da sembrare finta (ndr)) a mitra spianato e funzionante stava mandando in frantumi tutto quello che si trovava di fronte. Fece saltare in un attimo tutta la vetrata dove pochi secondi prima si trovava il Sig. Mah, il quale, con estremo coraggio si era nascosto dietro al banco bar. Andò in mille pezzi anche la porta e ciò che ne restò fu fatto saltare dalla Poliziotta con un calcio. La Poliziotta fece un paio di metri e si fermò. Smise anche di sparare. Si guardò intorno, diede un’ultima raffica di mitra a 360 gradi colpendo ogni parete del bar ad un’altezza di novanta centimetri, (il Sig. Mah stava a ottantacinque, il solito culo) poi si avvicinò al tavolino, posò il mitra e si sedette proprio nella sedia dove qualche minuto prima era seduto il Sig. Mah.

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L’Incredibile

La Poliziotta prese il trasmettitore, schiacciò un tasto e iniziò a parlare: “Parla Agente 2y76, sono sul posto segnalato ma sembra che non ci siano presenze di anime di nessun tipo, nessun  portale  luminoso e  nessun  dipinto  strano.  Ho  ispezionato  con il mitra ogni

parete e se ci fosse stato qualcosa appartenente al Metaverso di Luce ora non c’è sicuramente più!”. Smise di parlare e il Sig. Mah potè intuire che la Poliziotta stava ricevendo degli ordini. Quello che disse per chiudere la trasmissione la Poliziotta confermò la supposizione del Sig. Mah: “Ricevuto, ci sentiamo per chiudere la pratica tra un’ora se non ci sono variazioni, ritengo che al momento non sia necessario alcun intervento di supporto, passo e chiudo”.

Beh, via, almeno il Sig. Mah era ragionevolmente certo che la Poliziotta non cercava lui e soprattutto non sapeva nemmeno della sua presenza. Rimase rannicchiato sotto al bancone immaginando che la Poliziotta sarebbe rimasta un’oretta per confermare che il posto fosse pulito e che la segnalazione era fasulla.

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La Poliziotta posò il mitra sul tavolo e uscì dal locale avvicinandosi alla moto. Va bene, dobbiamo dire la verità, se il Sig. Mah fosse stato Rambo si sarebbe subito avventato al tavolo per prendere il mitra, c’era tutto il tempo per farlo e, sempre dopo aver preso il mitra almeno andare alla finestra per vedere cosa stesse facendo la Poliziotta fuori dal locale. Ma, spiacente per i fan del Sig. Mah, Rambo è altra cosa, il Sig. Mah non si mosse da dove si trovava, rannicchiato sotto al bancone. Vide un fusto di birra vicino a sé, lo scrollò per sentire se fosse stato pieno. Era vuoto. Destino ingrato.

Il Sig. Mah riuscì comunque a posizionarsi in modo da poter vedere la Poliziotta senza essere visto. Aspettò. La Poliziotta rientrò con una fiaschetta. Sì, lo ripeto, la Poliziotta rientrò con una fiaschetta del tutto simile a quella che aveva rotto il Sig. Mah, solo un po’ più grande. Chissà se dentro c’era del rum. Il Sig. Mah non credeva ai suoi occhi e purtroppo per lui fece un gesto d’istinto, alzò per la sorpresa la testa urtando la parte inferiore del bancone. In meno di un secondo la Poliziotta sostituì la fiaschetta con il mitra e lo puntò dove aveva sentito il rumore: “Hai due scelte” disse: “o vieni fuori da lì o il tuo sangue laverà tutto il pavimento di questo lurido locale”.

Era sicuramente meglio la prima opzione e ringraziò non si sa chi per averla avuta quell’opzione ma maledisse la sua mancanza di coraggio quando ebbe l’occasione di prendere il mitra. La sua mente distorta gli pose in un decimo di secondo un interrogativo inquietante… e se anziché il mitra ci fosse stata la fiaschetta? Eh? Rispondi Sig. Mah! Ti saresti alzato per prenderla? Fu contento che i giudici di Land’s End non lo avrebbero giudicato per questo, se no il lasciapassare non lo avrebbe neanche visto.

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Provò ad alzarsi lentamente, per prima cosa mise la testa fuori mostrandosi solo fino agli occhi. La Poliziotta teneva il mitra con la destra e con la sinistra prese la fiaschetta. Diede una generosa sorsata. Evidentemente nell’Averno possono bere anche in servizio e si possono mettere minigonne che solo nei film di Almodovar si vedono.

“Vieni fuori e tieni alte quelle manine” ordinò la Poliziotta, il Sig. Mah non poteva fare diverso che quello che gli era stato ordinato. “Chi sei e cosa ci fai qui?” proseguì la Poliziotta. Niente, non ce la faceva proprio: il Sig. Mah finiva con lo sguardo sempre nel punto dove finiva la minigonna della Poliziotta per poi rialzarsi subito e finire nuovamente lì un secondo dopo. Forse l’espressione giusta per descriverlo era: ‘Un Ebete sarebbe stato più dignitoso’. Ma con rinnovato coraggio, quando meno ce lo si aspettava, alzò gli occhi, tirò su la testa e con convinzione disse: “Ho il lasciapassare!”.

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La Poliziotta inizialmente rimase un po’ stupita, lo osservò rimanendo con la fiaschetta bloccata vicino alle labbra, poi posò la fiaschetta e iniziò a ridere, all’inizio piano ma poi sembrava non fermarsi più. Il Sig. Mah era un po’ più sollevato, almeno l’aveva fatta ridere e abbassò le mani. La Poliziotta non disse niente, posò il mitra e prese il trasmettitore. Lo attivò e iniziò a parlare: “Ho informazioni importanti, passatemi Cronos!”.

Il Sig. Mah capiva bene che la cosa si stava

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facendo importante, ma non capiva affatto se nel bene o nel male. La Poliziotta proseguì la sua trasmissione: “è qua davanti a me, cosa devo fare”.

Il Sig. Mah non poteva sapere che Cronos stava dicendo alla Poliziotta di trattare bene il Sig. Mah e di accompagnarlo personalmente alle Cattedrali di Bergderbil utilizzando i migliori mezzi che poteva trovare nell’Averno, perché se lo avesse saputo avrebbe risparmiato un sacco di tempo e di fatica arrivando certamente dalla Principessa in tempo. Dei cinque giorni concessi uno era già passato. No, non lo poteva sapere e quindi quello che fece cambiò il corso delle cose. Il mitra era sul tavolo vicino alla fiaschetta e la Poliziotta era distratta al trasmettitore e si stava visibilmente rilassando per le parole di Cronos. Cronos le stava affidando un compito importante. Avrebbe sicuramente avuto una promozione.

 

La mossa sbagliata del Sig. Mah

Aggredire una donna era quanto di più becero e infame si possa fare, ma forse in questo caso, visto che dall’altra parte la donna era una Poliziotta asservita al sistema dotata di mitra e chissà cos’altro, forse si poteva fare un’eccezione, dopotutto era per la Resistenza e per arrivare dalla Principessa. Ci vollero pochi decimi di secondo per elaborare questo

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pensiero, il Sig. Mah con mossa estremamente fulminea aggirò la Poliziotta, la prese per il collo da dietro col braccio e iniziò a stringere. Certo non era sua intenzione ucciderla, gli bastava metterla fuori combattimento per un po’, il tempo necessario per proseguire il suo viaggio. La Poliziotta fu sorpresa dalla mossa, era del tutto inaspettata tanto più che stava per dirgli che lo avrebbe accompagnato lei e che lo avrebbe portato a pranzo da qualche parte, ma non riuscì a

dirlo. Tento di parlare, tentò di divincolarsi ma la stretta era forte. Dalla bocca della Poliziotta uscì solo qualche rantolo, poi la nebbia che ormai avvolgeva la sua vista lasciò il posto al buio più totale. Il Sig. Mah accompagnò a terra il suo corpo e se ne andò velocemente. Dimenticando pure la fiaschetta. Lasciò sul tavolo pure il mitra ma qualcosa fece e la Poliziotta lo scoprirà molto amaramente dopo.

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Il Sig. Mah riprese il suo cammino non più sulla strada principale, quella era troppo rischiosa. A parte la Poliziotta, che con tutta probabilità sarebbe tornata a cercarlo, sicuramente avrebbe avvisato altri della sua presenza, poliziotti, agenti, demoni… no, la strada principale non era una buona idea. Non che il sentiero parallelo lo mettesse al sicuro però… mah, diciamo… era meno peggio.

Con il passare dei chilometri il sentiero si allontanò un po’ dalla strada principale andando comunque nella stessa direzione. Sembrava una strada dimenticata, evidentemente non la percorreva più nessuno da tempo e un po’ di vegetazione intorno, qualche albero e qualche pianta qua e là la rendevano certamente più gradevole dello stradone.

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La Poliziotta si riprese poco dopo, si alzò in piedi e fu subito un po’ sollevata nel vedere sia il mitra che la fiaschetta ancora sul tavolo. La fiaschetta era un oggetto molto importante per la Poliziotta perché era la prova che qualcuno appartenente al Metaverso di Luce era stato o è ancora nel Metaverso Oscuro. Il suo compito era quello di indagare su strani fenomeni che si stavano verificando in quelle zone deserte e desolate. Secondo le indicazioni avute dai suoi superiori sembrava che qualcuno stesse per costruire un portale proprio nel percorso che porta dallo Stige al secondo livello di Bergderbil. Non si era riusciti ad identificare un punto preciso perché le apparizioni cambiavano sempre posto ma restando comunque in quella zona. Durante un’ispezione di una di queste zone dove era stata notata l’apparizione di un portale aveva trovato questa fiaschetta piena di rum che apparteneva sicuramente alla Reminiscenza Luminosa che stava tentando di realizzare quello che era assolutamente proibito: un Portale per le Anime del Metaverso di Luce. Quella fiaschetta era stata dimenticata o perduta e poteva essere molto importante perché le tracce lasciate sulla sua superfice metallica erano impronte digitali e sarebbero servite per identificare l’anima intrusa. Certo, sarebbe stato bene che la Poliziotta toccasse il meno possibile la fiaschetta, ma il rum che conteneva era davvero buono, non ne aveva mai bevuto uno simile. Apparteneva certamente al Metaverso Luminoso, forse proprio a quell’intermezzo temporale leggendario e mai visto, conosciuto come ‘Il Corso Nero’. Già, ma ora a Cronos cosa gli avrebbe potuto dire? Che era stata messa al tappeto da uno che al massimo scriveva libri o suonava la chitarra, non era tanto edificante. Però il Sig. Mah era stato abile, molto abile, in un lasso di tempo che si poteva misurare in centesimi di secondo l’aveva aggirata, presa per il collo e resa incosciente senza che lei riuscisse a dire una parola. Sembrava quasi un esperto. Decise che non andava sottovalutato, se avesse avuto a che fare di nuovo con lui non lo avrebbe certamente sottovalutato. Non riuscì a spiegarsi però perché aveva lasciato il mitra sul tavolo. Lo capì subito dopo: dal mitra era sparito il caricatore e le chiavi della moto che stavano nella sua tasca non c’erano più. No, non lo doveva proprio sottovalutare. Prese il trasmettitore e con molto timore chiamò Cronos. Gli raccontò la verità senza omettere nulla, mentire ad un Demone era la cosa più stupida che si potesse fare, anche perché probabilmente Cronos sapeva già tutto.

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Cronos apprezzò la sincerità e non diede nemmeno la sensazione di essere arrabbiato, anzi era quasi come se se lo fosse aspettato. Disse alla Poliziotta di continuare le ricerche del portale e di chi lo stesse realizzando, in fondo il Sig. Mah stava viaggiando per andare proprio dove si trovava Cronos, chi ci ha rimesso è stato solo lui perdendosi un gradevolissimo passaggio e un buon pranzo offerto. Naturalmente Cronos mandò altri agenti nella zona, agenti di livello decisamente superiore a quello della Poliziotta la quale rimasta senza munizioni per il mitra e senza chiavi per la moto prese la fiaschetta e si incamminò a piedi verso sud. Non fece fatica a trovare delle tracce che indicassero chiaramente il sentiero parallelo allo stradone preso una mezzoretta prima dal Sig. Mah. Anche questa è una bella immagine da consigliare agli illustratori. Una bella immagine ripresa dall’alto: davanti, nel sentiero il Sig. Mah che non sapeva ancora bene se avesse fatto la scelta giusta e inconsapevole che a poca distanza da lui si trovava la Poliziotta e dietro, anch’essa inconsapevole del fatto che il Sig. Mah la precedeva di poco, la Sexy-Poliziotta senza mitra ma con una bella capigliatura bionda che fuoriusciva dal suo berretto nero e una pistola infilata nelle calze a rete anch’esse nere. E delle tracce da seguire.

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La Strega Pittrice (Pt 2)

Si trovava all’Antico Porto che dipingeva quando apprese la notizia. Una voce le parlò. “Vieni al Labirinto!” diceva la voce. Era nella sua testa, non era reale ma nello stesso tempo non era nemmeno uscita per sua volontà. Posò il pennello e si avvicinò ad un locale dotato di televisione. Stava trasmettendo un’edizione speciale del telegiornale riguardando l’atroce attentato riuscito alla Principessa Diamante da parte di un figlio della Resistenza: “… e proprio mentre la Principessa si stava accordando con i ministri del giusto e dello sbagliato tre colpi di pistola…” e tutto quello che sappiamo già. Un’infinità di menzogne erano trasmesse dalle emittenti di regime. Questo la Strega lo sapeva bene come sapeva molto bene anche che la Principessa non era affatto morta. “Vieni al Labirinto” diceva la voce, e non era la sua mente a parlare, era una Reminiscenza della Principessa, molto debole ma inequivocabile. Non si fermò a riflettere nemmeno un secondo, la Strega Pittrice, si diresse subito verso casa, l’incredibile Intermezzo Temporale Maddalena 3DC, si avvicinò ad un dipinto ideato e realizzato proprio per agevolare i viaggi alla Pianura della Mimosa. Girò di fronte il dipinto che raffigurava l’ingresso del Labirinto ed entrò. Aveva imparato davvero bene a viaggiare la Strega e lo faceva grazie alla sua passione. L’aveva ritrovata dentro di se dopo tanti anni, l’ha saputa cercare, trovare e rivalorizzare. Questo le insegnò a viaggiare. Era un po’ di tempo che non andava al Labirinto ma non ebbe nessuna difficoltà ad orientarsi. Qualche dritto, qualche curva ben calcolata, il numero di passi indicato dai segnali nascosti ed… eccola lì: la loro piccola casina nel centro del Labirinto.

La Strega entrò, salì le scale che portavano alle camere, entrò in quella della Principessa. Lei era li. Seduta su una poltrona in finta pelle nera, le gambe erano allungate, le braccia appoggiate ai braccioli della poltrona, la testa tirata leggermente indietro ad appoggiarsi sul poggiatesta. E il sorriso. Lieve, debole, molto stanco ma bello, bello e sincero.

Sorrise anche la Strega e disse: “Nemmeno da sola riesci ad ammazzarti” e continuando a sorridere disse: “hai usato il dono vero?”. La Principessa rispose con un cenno affermativo. “hai impostato il timer prima?” chiese la Strega Pittrice, ma si rispose da sola a quella domanda ovvia “certo che lo hai impostato se no non potresti essere qui!”. La Principessa continuava a non parlare, era evidente uno stato di affaticamento superiore al sopportabile umano. La Strega fece la domanda più importante: “Quali parametri hai impostato?”.

 

Istruzioni sul Funzionamento del programma ‘Soluzione Finale’

Ora per agevolare un momento complesso ricordiamo il funzionamento del Computer Centrale del Timer con i suoi parametri e ripercorriamo gli ultimi istanti di ‘vita’ della Principessa.

Come ricordiamo nella trentaduesima pagina delle ‘33 pagine non scritte di Nothing’ la Principessa prima di premere il tasto off ed azzerare le sue funzioni vitali impostò dei parametri, il primo parametro era un numero da inserire dopo la lettera B. Il secondo parametro era un altro numero da inserire dopo la lettera R. L’inserimento di questi parametri attivava un calcolo e la risultante veniva visualizzata in un Display. La prima lettera, la ‘B’ rappresentava la parola Battiti Cardiaci, la seconda lettera, la ‘R’ rappresentava il Respiro. Il numero 123 in realtà rappresentava 2 numeri distinti: 1 e 23. Semplificando si otteneva che i parametri impostati erano: un battito cardiaco ogni 23 minuti e un respiro ogni 23 minuti. Con questi parametri il computer calcolava quanto tempo poteva ancora vivere la Principessa in queste condizioni. Il tempo calcolato e visualizzato nel display era: TaD=108H00M00S che significava: Tempo a Disposizione: (Tad) 108 ore, 0 (zero) minuti e 0 (zero) secondi. Quindi possiamo dire che al momento dell’attivazione della ‘Soluzione Finale’ alla Principessa restavano da vivere 108 ore, ovvero cinque giorni. I cinque giorni concessi al Sig. Mah per portare il suo corpo ad Emphatia. A quel punto solo chi conosceva il labirinto poteva arrivare al Computer Centrale nella casina e disinserire il tasto off. Purtroppo questo lo si poteva fare solo con un contatto fisico con la Principessa perché il Labirinto del Metaverso Luminoso era solo una proiezione di quello vero. Il Labirinto vero stava molto nascosto nella testa della Principessa. Solo una persona ne conosceva la strada. Quella persona doveva arrivare ad Emphatia entro cinque giorni e sperare che il Sig. Mah fosse già arrivato con il corpo della Principessa.

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La Strega Pittrice (Pt 3)

La Principessa non rispose con la voce alla domanda fatta dalla Strega Pittrice ma allungò le braccia in modo da prenderle le mani e la mise in condivisione con la sua mente. Allora la strega vide il display: ‘TaD=100H23M25S’ e ogni secondo che passava decalava di una unità. In pratica allo stato attuale la Principessa aveva ancora 4 giorni 23 minuti e venticinque secondi di vita se nessuno disinnescava il tasto off. La Principessa condivise con la Strega il display in modo che potesse vederlo ogni volta che lo riteneva utile e finalmente parlò: “Ho poco tempo, dirò solo il necessario: disegna i portali che vanno nel Metaverso Oscuro, ne servono due. Il primo ti deve portare nel terzo

anello di Bergderbil, all’Averno. Lì devi incontrare il Sig. Mah e ricordargli dell’importanza di portare in tempo il mio corpo ad Emphatia. Condividi anche con lui il Display che segna il tempo restante della mia vita, ma ovviamente questo non dirglielo, digli solo che il display indica quanto manca alla scadenza del quinto giorno. Il Sig. Mah non sa e non deve sapere il motivo di portare il mio corpo ad Emphatia per ovvie ragioni di sicurezza. Digli che una volta arrivato ad Emphatia dovrà avvisare la Custode del Fuoco del tuo imminente arrivo e che dovrà predisporre una stanza dove verrà lasciato il mio corpo. In quella stanza al momento opportuno dovremmo esserci solo io, te e la Custode del Fuoco con la Fiamma di Emphatia. Se tutto andrà bene quello che succederà in quel momento cambierà le sorti del mondo, ti lascerò le istruzioni su quello che dovrete fare al momento giusto. Dopo aver detto queste cose al Sig. Mah devi tornare al Labirinto e preparare il secondo portale. Dovrai disegnare l’Antica Porta, la porta originale di Emphatia. Da li entrerai ma solo dopo che il Sig. Mah avrà portato il mio corpo ad Emphatia e lo avrà lasciato nella stanza predisposta solo con la Custode e la Fiamma”.

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Si dissolse, così, senza aggiungere altro. La poltrona restò vuota e una lacrima bagnò la guancia della Strega. La Strega sapeva bene che quella avrebbe potuto essere l’ultima volta che vedeva la Principessa, ma sapeva anche bene che ce l’avrebbe fatta. Certo, sia Lei che il Sig. Mah, insieme ce l’avrebbero fatta. Non aspettò un solo secondo, prese tela e pennelli e cominciò a disegnare. Il primo disegno che fece era un disegno molto semplice, non era un portale, era una fiaschetta metallica.

 

I Portali Sbagliati della Strega Pittrice

Per disegnare la fiaschetta ci vollero pochi minuti ma come poteva fare un Portale che la portasse in un posto che non conosceva era ben altra cosa. Faceva tutto facile la Principessa, tanto lei era in stato di riposo costante. Doveva trovare un modo per avere delle immagini del posto, mica se le poteva inventare e poi chissà in quale punto si trovava il Sig. Mah.  Intanto le ci voleva una mappa per sapere dove si trovasse questo posto. Cercò su internet se per caso ne trovasse una. Scrisse su Google la stringa: ‘Metaverso Oscuro Mappa’. Non uscì la mappa del Metaverso Oscuro ma apparve invece nei risultati una scritta che diceva ‘Mappa Metaverso Espanso’ e un’altra che diceva ‘Mappa Metaverso Globale’. Scelse la mappa relativa al Metaverso Espanso. Cliccò. Il Metaverso apparve sul monitor del Pc. Era una mappa non semplicissima da decifrare, era divisa in quadranti speculari l’uno all’altro, se ne potevano contare quattro anche se il disegno lasciava pensare che oltre ce ne potessero essere infiniti. Si accorse che uno di questi quadranti aveva delle indicazioni. Sperò di riuscire ad ingrandirlo cliccandoci sopra.

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Così fu. La sorpresa fu enorme, da questo riquadro si poteva capire chiaramente in quale parte del Metaverso si poteva trovare il Sig. Mah. Stampò la mappa ed evidenziò lo spazio utile con un cerchio rosso. Poi cercò dei punti possibili dove il Sig. Mah poteva essersi fermato, individuò un autogrill, una piccola borgata e un paesino. Erano tutti posti disabitati, ma per ogni posto di questi Google Maps forniva delle immagini. Erano prese dall’alto ma potevano andare bene, anzi, benissimo.

Riquadro per il Sig. Mah.jpg

Segnò i punti con delle croci bianche e iniziò a dipingere il primo: Era la crocetta più vicina al secondo livello, lì si trovava un paesino. Ne dipinse la chiesa. Non le ci volle molto, una volta finito il dipinto entrò e per la prima volta da non si sa quanto tempo, forse da sempre, un’anima luminosa entrò nel Metaverso Oscuro, a Bergderbil, nel suo livello peggiore, l’Averno e senza il Lasciapassare.

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Un portale luminoso apparve proprio davanti alla chiesa del paesino e mentre la Strega posava il piede sulle terre proibite tutti i sensori rivelarono la presenza di un portale. Suonarono tutti gli allarmi in tutte le stazioni di polizia, in tutti i comandi militari, in tutti gli inferni dei Demoni e soprattutto nelle Cattedrali di Bergderbil, negli uffici di Cronos e di Zadkiel. Un esercito di Demoni e uno di Agenti furono inviati nel punto dove sembrava fosse stato compiuto il misfatto. La Strega Pittrice fece qualche passo all’interno del paesino per cercare di capire se il Sig. Mah potesse essere lì o se ci fosse già stato, ma non vide nessun segno. Poi sentì il rumore assordante di sirene che si stavano avvicinando, quindi molto velocemente si rigettò nel portale e tornò subito indietro. Il Portale scomparve immediatamente. Tutte le forze militari e di polizia una volta arrivate non trovarono nulla. Ma qualcosa c’era stato, e quel qualcosa aveva molte probabilità di essere stato un Portale del Metaverso Luminoso. Mancavano solo le prove. Arrivarono anche i Demoni, pensarono che ci potesse essere la possibilità di un errore, ma per sicurezza lasciarono Agenti e forze di polizia sparpagliate un po’ ovunque nella zona incriminata.

La Strega rientrò nel Labirinto contenta di aver scampato il pericolo ma preoccupata per la difficoltà dell’operazione. Aspettò un po’ e iniziò a dipingere il secondo ,portale. Era la Stazione di servizio, la prima crocetta, quella più lontana dal secondo livello e quella più vicina allo Stige. Finì velocemente il dipinto ma decise di aspettare almeno mezza giornata per utilizzarlo. Sapeva bene quanto era importante fare veloci ma sapeva anche che tornare subito nel Metaverso Oscuro poteva essere molto più pericoloso. Come detto, passate un po’ di ore la Strega si mise di fronte al dipinto ed entrò. Vide lo spettacolo desolante già descritto in precedenza, si guardò un po’ in giro ed entrò nel casottino. Il casottino era deserto come tutto il resto. Il Sig. Mah sarebbe arrivato dopo solo una mezzora. Ci avevi quasi azzeccato Strega. La comparsa del portale provocò anche in questo caso un concerto di fastidiosissimi allarmi e sirene e appena il suono di queste sirene si fece troppo vicino la Strega decise per il rientro. Vide una moto di grossa cilindrata in lontananza arrivare velocemente, quindi la Strega accelerò il processo di fuga. Nella concitazione le cadde la fiaschetta che aveva portato come regalo per il Sig. Mah. La Strega entrò nel Portale, ma la fiaschetta rimase per terra davanti alla stazione di servizio. La moto arrivò naturalmente troppo tardi per poter vedere il Portale. Dalla moto scese la Sexy-Poliziotta che con mitra spianato si guardava intorno. Niente. Nessuno. Solo una fiaschetta metallica per terra. Mentre la raccoglieva vide delle impronte recenti. Capì la forte probabilità che quella fiaschetta appartenesse al creatore di portali. Prese la fiaschetta e studiò un piano. Il Piano era quello di allontanarsi ed osservare da lontano senza essere vista. Secondo lei il probabile proprietario della fiaschetta sarebbe tornato a riprenderla per eliminare la prova. La Prova che un’Anima di luce fosse andata nel Metaverso Oscuro e come se non bastasse grazie all’utilizzo di un portale proibito avrebbe dato motivo ai Demoni di scatenare una guerra nucleare. La Sexy-Poliziotta risalì in moto con mitra e fiaschetta e si allontanò. Non troppo, il giusto per poter osservare e non essere osservata. Dopo mezzoretta come detto il Sig. Mah arrivò.

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Quindi quello che succede adesso lo sappiamo: il Sig. Mah arriva, la Poliziotta lo vede, sale in moto e parte a tutta velocità, scende dalla moto a mitra spianato e fa saltare in aria tutto quello che ha davanti salvo poi scoprire che il Sig. Mah possiede il lasciapassare e quindi constatare che non può essere lui il costruttore di Portali. Quello che successe tra la Sexy-Poliziotta ed il Sig. Mah già lo sappiamo, quindi…

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Il Terzo Portale: Quello Giusto.

…quindi ritorniamo al presente: la Strega Pittrice sta disegnando il terzo portale, quello della seconda crocetta e che porta nel piccolo borgo nello stesso momento in cui il Sig. Mah e la Sexy-Poliziotta stanno camminando inconsapevoli l’uno dell’altro ad una mezzora di distanza verso sud, verso il secondo livello di Bergderbil: Empty Spaces. Avanti ovviamente il Sig. Mah e dietro la Sexy-Poliziotta.

Il Sig. Mah fu il primo ad entrare nel piccolo borgo. Sembrava un’antica città fantasma sulla strada della frontiera americana. Strade polverose, un bar che aveva tutto l’aspetto di un saloon, case piccole e distanziate e una larga Main Street. Davanti al saloon c’era anche uno steccato del tutto simile a quelli utilizzati per mettere le briglie ai cavalli.

Il Sig. mah si guardò un po’ in giro, non sembrava ci fosse niente di meritevole in quel borgo per cui valesse la pena di fermarsi. Vide il cartello che indicava il nome del posto: “Welcome to Hell” diceva il cartello. Beh, se quel piccolo borgo si chiamava Inferno bene che fosse disabitato. Il Sig. Mah decise comunque di entrare nel saloon, magari avrebbe trovato indicazioni su come proseguire il viaggio, o qualcos’altro. Solo polvere, sporcizia, vetrate rotte, tavoli rovesciati e spazzatura varia. Niente altro. Il Sig. Mah uscì quasi subito dal saloon. Appena uscito dal saloon si accorse di alcuni manifesti appesi a fianco della porta ad ante del saloon. Si voltò dando le spalle alla Main Street per leggerne uno. Parlava di una fight club per cani. ‘Dead or Alive’ era il titolo del manifesto. Vicino c’era un altro manifesto che sembrava un cartellone indicante le sfide ad eliminazione dei cani, c’erano anche le loro foto e quelli sconfitti erano contrassegnati da una X che ne copriva l’immagine. Era un’eliminazione diretta e sembrava che la sconfitta non prevedesse la sopravvivenza dell’animale. La gara era arrivata alle semifinali poi qualcosa successe perché le ultime sfide evidentemente non si erano compiute… o forse non si erano ancora compiute. Il Sig. Mah si soffermò su ogni singola foto di ogni cane, non riusciva a credere che degli esseri umani potessero divertirsi in questo modo. L’Averno, Bergderbil, Arconti o Arcangeli che fossero, non meritavano di esistere ne in questa ne in altra dimensione.

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La Poliziotta cercò di trovare i lati positivi di tutta questa storia, ne trovò solo uno, cioè che Cronos sembrava non essersi arrabbiato troppo. Nonostante il suo aspetto da Porno-Poliziotta l’Agente 2y76 era considerato tra i migliori e prossimo alla promozione. Sicuramente se fosse stata lei a trovare il Portale e il Terrorista che stava tentando di costruirlo la sua carriera avrebbe preso un’impennata e se in aggiunta a questo fosse stata sempre lei a consegnare il Sig. Mah a Cronos e Zadkiel… beh, forse poteva anche sperare di diventare capo della polizia. Ma la realtà al momento era un’altra, i fatti dicevano che per la prima volta in vita sua era stata messa al tappeto da uno che non era nemmeno un professionista, anzi da uno che la violenza proprio non la considera mai una soluzione. Quasi mai evidentemente. Eppure l’aveva stesa in un batter d’occhio. “Solo fortuna” si disse tra se e se, “mi ero distratta perché ero al telefono con Cronos”. Questi erano i pensieri della Sexy-Poliziotta che nel frattempo continuava a seguire le tracce. Era decisamente più veloce del Sig. Mah e le sue capacità investigative le indicarono in maniera inequivocabile che si stava avvicinando a lui. Un altro sorso di rum, sì, era davvero buono. Aveva pensato di usare il trasmettitore per chiedere rinforzi, sarebbero arrivati immediatamente ma questo le avrebbe impedito di avere l’esclusiva sulla ‘cattura’ del Sig. Mah e poi quella fiaschetta, solo lei sapeva che quella fiaschetta apparteneva al Terrorista del Metaverso Luminoso. No, non voleva dividere questo con nessuno. E poi aveva ancora la pistola. Certo, non era previsto che dovesse usarla ma se fosse stato necessario l’avrebbe usata a scopo intimidatorio per costringere il Sig. Mah ad ascoltarla: lo doveva portare a pranzo e poi accompagnarlo con tutti i comfort proprio dove lui voleva andare: a Bergderbil, dalla Principessa. Intanto si incominciavano a scorgere le prime case del paesino. Entrò nella Main Street e in pochi minuti si trovò davanti il saloon. E come se il cielo avesse voluto esaudire i suoi desideri trovò il Sig. Mah girato di spalle intento a leggere dei manifesti. La Sexy-Poliziotta fece un sorriso che sembrava dire: “Fortunato te Sig. Mah che in questo momento sei nelle grazie di Cronos, se no ti insegnerei io come si deve a non fare il furbo con me”. Il sorriso restò nel volto della Sexy-Poliziotta perché mentalmente aggiunse: “ma nessuno mi vieta di farti vedere un po’ di sorci verdi lo stesso…”. Stando molto attenta a non farsi sentire si avvicinò fino a due o tre metri dalle spalle del Sig. Mah. Quello che vide la lasciò ancora una volta a bocca aperta, era davvero uno strano personaggio questo Sig. Mah, lei, la Sexy-Poliziotta stava facendo di tutto per non farsi sentire e il Sig. Mah aveva le cuffiette. Non l’avrebbe sentita nemmeno se avesse gridato. La Poliziotta lo chiamò. Contemporaneamente puntò la pistola verso di lui. Il Sig. Mah ovviamente non la sentì. La Poliziotta lo chiamò un po’ più forte. Ancora niente. La Poliziotta alzò gli occhi al cielo in segno di insofferenza e prese per rabbia la fiaschetta di rum. Si avvicinò ancora di un po’ al Sig. Mah puntando la pistola sulla sua testa. Sì, lo sappiamo che l’utilizzo che ne voleva fare era solo per intimorirlo, ma questo non lo poteva certo sapere l’Amica del Sig. Mah, la Strega-Pittrice quando con uno spettacolare Portale dai cento colori e dalle mille sfumature con annessa colonna sonora: ‘Rise Up And Fight’ dei Crippled Black Phoenix, apparve proprio alle spalle alla Sexy-Poliziotta. Un Portale che era un’autentica opera d’arte.

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C’era per l’occasione un bastone molto robusto proprio ai piedi della Strega Pittrice. Ci mise 0,3 secondi per raccoglierlo a spaccarlo letteralmente con tutta la sua forza nella testa della Sexy-Poliziotta. Il berretto con la visiera volò via e cadde a terra prima della Sexy-Poliziotta che miracolosamente o chissà per quale mistero rimase in piedi ancora almeno dieci secondi. Il tempo che il Sig. Mah si voltasse e la vedesse ancora con la pistola puntata verso di lui e la fiaschetta in mano,

la Sexy-Poliziotta era immobile con lo sguardo perso in un punto imprecisato dell’orizzonte. Il Sig. Mah vide anche dietro di lei il sorriso felice della sua Amica Strega Pittrice con mezzo bastone ancora in mano, poi osservò con un certo piacere la Sexy-Poliziotta cadere lentamente all’indietro stando praticamente in posizione eretta. La Strega Pittrice dovette spostarsi lievemente a sinistra perché non le cadesse addosso ma con un abile riflesso mentre la Poliziotta era a mezza caduta, più o meno sui 45 gradi, le strappo la fiaschetta dalla mano. Per la seconda volta in mezzora, e anche per la seconda volta nella sua vita, la Sexy-Poliziotta, l’Agente 2y76 era stata messa completamente fuori combattimento e come se non bastasse, da dei dilettanti.

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“Questa è per te, l’ho disegnata un po’ più grossa dell’altra” disse la Strega porgendo la fiaschetta al Sig. Mah. Si abbracciarono forte e a lungo. Il numero dei Terroristi Luminosi presenti nell’Averno adesso era raddoppiato. Sapevano entrambi che il tempo concesso loro era estremamente breve, gli allarmi, le sirene e tutte le diavolerie dei demoni stavano sicuramente impazzendo. La Strega per prima cosa disse tutto quello che la Principessa le aveva detto di dire al Sig. Mah senza dimenticare nulla. Condivise con lui il Display del Timer che indicava il tempo a disposizione per portare il corpo della Principessa ad Emphatia. Non disse ovviamente cosa indicava realmente il Timer, ovvero il tempo restante di vita della Principessa e non gli disse nemmeno il motivo per il quale doveva portare il suo corpo ad Emphatia. Il Sig. Mah era consapevole e d’accordo che era meglio non conoscerlo quel motivo per cui non chiese niente. Ma la domanda che aveva nella testa non la poteva tenere a freno e allora la fece. “Ma la Principessa è morta davvero?”. La Strega non poteva rispondere a quella domanda ma trovò il modo di rispondergli senza rispondergli dicendo semplicemente: “Lo sai che non ti posso rispondere” ma glielo disse col sorriso e con gli occhi che guardavano in alto, che guardavano il labirinto nel cielo azzurro, il labirinto che solo lei e la Principessa potevano vedere. Quello sguardo sembrava dire a qualcuno: “hai visto che non gliel’ho detto, ho fatto come mi hai chiesto”. Il Sig. Mah d’istinto guardò in alto, il suo sguardo volse verso il cielo e per un attimo, solo per un attimo, gli sembrò di vedere delle siepi. Delle siepi molto alte.

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“Cosa ne facciamo di questa?” chiese il Sig. Mah alla Strega indicando con lo sguardo la Sexy-Poliziotta ancora svenuta a terra. “Non mi sembra cattiva” disse il Sig. Mah “Sarà un’impressione ma credo che sia solo una vittima come tante altre. Non c’è il tempo per nasconderla, rendiamola inoffensiva”. Il Sig. Mah le prese la pistola e il trasmettitore e li lanciò entrambi direttamente dentro il Portale facendoli così finire nel Labirinto, poi insieme le tolsero la sexy-divisa e con la camicetta le

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legarono i polsi, con la minigonna e con molta fatica le legarono anche le caviglie. Per la cronaca il perizoma che portava era nero. Quello glielo lo lasciarono, non sarebbe servito a nulla.

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“Ho scoperto diverse cose sul Metaverso, sicuramente potrebbero esserti utili, le ho scritte in questo foglietto, leggilo con calma, ci sono anche dei link che ti saranno utili, io devo andare via velocemente e fare sparire questo portale”. Mentre diceva questo al Sig. Mah la Strega Pittrice si girò verso il suo Portale: era davvero un capolavoro artistico, sicuramente il più bel Portale di tutti i Metaversi. E anche molto funzionante pare. Sembrava quasi che lo accarezzasse da quanto ne era fiera. E aveva ragione. Aveva fatto davvero un gran bel lavoro, di costruzione, di ricerca e pure di comunicazione. “Vado, ci vediamo ad Emphatia”. Queste furono le ultime parole della Strega dette nel Piccolo Borgo al Sig. Mah entrando di schiena camminando all’indietro nel  Portale. Salutò con gli occhi e con la mano il Sig. Mah che contraccambiò con un sorriso. Questa fu l’ultima cosa che la Strega vide prima di rientrare nel Labirinto. Sapeva che il compito che l’attendeva era ancora più difficile, doveva disegnare il secondo Portale e quello doveva essere ancora più bello, doveva disegnare l’Antica Porta, quella dove il tempo e la storia raccontano che era la Porta Originale per entrare ad Emphatia. Questo era il suo compito e questo avrebbe fatto, la doveva disegnare e poi, al momento giusto, oltrepassarla.

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Il tempo era giunto anche per il Sig. Mah, a breve orde di Demoni e Agenti sarebbero giunti al Piccolo Borgo ma prima si volle soffermare ancora un attimo sulla Poliziotta. Stranamente non tanto per la pochezza dei vestiti che la ricoprivano, praticamente solo un elastico e neanche per l’indiscussa bellezza che la contraddistingueva, avrebbe potuto partecipare a Miss Metaverso anziché fare la Poliziotta. Il motivo era che c’era qualcosa che gli sfuggiva. Era sicuro che la Sexy-Poliziotta non gli avrebbe sparato, l’aveva vista bene negli occhi ancora aperti in quei pochi secondi che era rimasta in piedi dopo la tremenda botta in testa ricevuta dalla Strega. C’era stupore, certo e anche dolore nonostante l’immobilità seppur breve di tutto il suo corpo, in quei pochi secondi vide la stessa anima che aveva visto nella ragazza senza nome, Anime Luminose plagiate dai Demoni dell’Oscurità la cui colpa era solo quella di non riuscire a vedere, di non riuscire a capire. Forse anche per lei, per la Sexy-Poliziotta un bel viaggetto a Nothing sarebbe stato sicuramente di aiuto. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma il tempo, la situazione e l’attuale condizione della Poliziotta lo impedivano. Diede finalmente un sorso estremamente generoso al suo rum, si accorse che ne mancava quasi metà. Si rincuorò un po’, qualcosa per lei lo aveva fatto. Si chiese cosa ne avrebbero fatto di lei i Demoni quando sarebbero arrivati, una domanda che probabilmente per lui rimarrà senza risposta. Ma non è detto. Si voltò e riprese il suo cammino verso sud.

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Solo per la cronaca: i Demoni arrivarono dieci minuti dopo la partenza del Sig. Mah. Demoni, Agenti e Forze di Polizia a decine con tanto di auto-volanti ed elicotteri. Armati fino ai denti. Era comunque tardi, l’unica cosa che trovarono era la Poliziotta ancora svenuta e legata con i suoi stessi vestiti. Il capo dei Demoni chiamò Cronos e lo informò della situazione chiedendo anche cosa fare dell’Agente 2y76. La risposta di Cronos fu agghiacciante: “Lasciatela lì così come la vedete, che siano i lupi a decidere”. Non era solo cattiveria allo stato puro quella dimostrata da Cronos, ma anche stupidità, lei avrebbe potuto dare informazioni importanti e poi era sempre stata una brava Poliziotta, aveva sempre servito il potere alla grande, era solo stata davvero sfortunata, il lavoro lo aveva fatto bene. Ma questo era del tutto ininfluente agli occhi di Cronos, ancora toccato dalla bruciante sconfitta con la Principessa, per lui la Sexy-Poliziotta era solo una che si era fatta prendere per il naso da due mentecatti.

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Questo errore Cronos lo pagherà carissimo, perché la responsabilità di lasciare lì la Poliziotta inerme ed in balia dei lupi che sarebbero arrivati sicuramente al calar delle tenebre era tutta sua. Questa sua decisione segnerà l’inizio di un qualcosa di assolutamente nuovo per il Metaverso Oscuro, qualcosa che ne determinerà il futuro mettendone in discussione la sua stessa esistenza e questo grazie ad una spettacolare intuizione della Strega Pittrice.

 

L’Incredibile avventura della ex-Sexy-Poliziotta

Lasciamo per il momento perdere il Sig. Mah che sta proseguendo molto noiosamente il suo percorso sul sentiero alternativo per arrivare ad Empty Spaces, l’unica cosa interessante sarà ciò che sta scritto nel foglietto che gli ha lasciato la Strega. Ma questo succederà solo nel paesino vicino al confine con il Secondo Livello di Bergderbil.

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Adesso ritorniamo al piccolo borgo chiamato ‘Hell’. La Ex-Sexy-Poliziotta non sa ancora di essere stata radiata da tutti i servizi militari e di polizia di Bergderbil. Non lo sa perchè è ancora svenuta e anche perché non ha più il trasmettitore. La botta della Strega è stata davvero forte, sono passate almeno quattro o forse cinque ore da quel momento e la Ex-Sexy-Poliziotta non si è ancora ripresa. Il giorno aveva da tempo lasciato spazio al crepuscolo e il crepuscolo stava accogliendo la notte in una atmosfera surreale. Anche questo frame andrebbe digitalizzato o dipinto, spero sempre negli illustratori: Hell, piccolo borgo fantasma del Metaverso Oscuro nella giurisdizione di Bergderbil. Nessun suono, nessun rumore, solo frasche accarezzate dal vento. Ci spostiamo con la telecamera aerea e possiamo osservare piccole case scarsamente illuminate dal riflesso della luna, neanche gli spettri abitano più questo luogo. Poi il saloon, e li davanti il piazzale dove gli abitanti giocavano con la vita dei cani. Un lontano guaito soffocato di dolore uscì da sottoterra confondendosi con il vento. Qualche metro più avanti un corpo seminudo di una ragazza svenuta. L’agente 2y76 non esiste più, al suo posto la bellissima ragazza che vediamo a terra legata dalla sua divisa. La luna piena, unica fonte di illuminazione di tutto il borgo fantasma accompagnò il primo ululato.

Era mezzanotte precisa, sembrava una sveglia programmata. La ragazza non lo poteva ancora sentire ma sentì il secondo. Era molto più vicino. Fu la prima cosa che sentì appena aperti gli occhi. Era sdraiata di fianco, la sua guancia poggiava sulla terra impolverata. Non riusciva a muoversi, non tanto perché fosse legata ma per il macigno che era diventato la sua testa. Un dolore mai provato. Provo a spostarla di poco alzandola ma fu ancora peggio e peggio ancora quando la riposò sulla polvere. Il terzo ululato non era solo il terzo, erano almeno una ventina contemporaneamente e sempre più vicini. Riuscì abbastanza velocemente a liberare i polsi dalla camicetta annodata, subito dopo provò a liberare anche le caviglie. Il primo tentativo fallì clamorosamente, appena alzò il busto per arrivare con le mani alla gonna che le legava le caviglie ripiombò pesantemente a terra battendo forte la testa. Forse questo era oltre al dolore che si poteva provare nelle fiamme dell’inferno. Non svenne solo perché l’adrenalina la teneva sveglia. Gli ululati erano sempre più vicini. Si poteva già anche sentire il rumore della corsa dei lupi.

Potevano essere una ventina. Ne sarebbe bastato uno solo. Ma erano almeno una ventina. Doveva assolutamente riprovarci. Ci riprovò, lo fece con gli occhi chiusi e la mente da un’altra parte. Ci riuscì. Riuscì ad arrivare alla minigonna che le imprigionava le gambe. La strappò letteralmente via anche sfruttando la forza della sua seconda e inevitabile caduta all'indietro per il tipo di movimento fatto. La sua nuca colpì nuovamente la terra e il dolore si rinnovò ancora più forte. Chiuse gli occhi, stese le gambe e si portò le mani sul viso. In quel momento si accorse delle lacrime che scendevano dagli occhi. Erano lacrime di dolore. Quante cose aveva sperimentato quel giorno. Sembrava non finire mai. Anzi sembrava che il bello dovesse ancora arrivare. Per evitare tutto questo sarebbe bastato che il Sig. Mah avesse ascoltato la sua proposta, in questo momento sarebbero stati insieme nel miglior ristorante dell’Averno. E invece… e invece… un altro ululato terrificante, seguito da altri ululati terrificanti e quel rumore, quella corsa a mille zampe che si faceva sempre più vicina. La sua testa nonostante le botte prese funzionava assai bene. Aveva una sola possibilità, alzarsi e correre molto velocemente nella prima abitazione aperta che trovava. Ma la sua intelligenza anche in un momento così teso le ricordava che non poteva permettersi di svenire ancora. Sarebbe stata sicuramente la fine. Doveva aspettare almeno un po’, ma non poteva aspettare nemmeno un po’. Non decise lei, decise per lei l’ululato che proveniva da non più di trenta metri. Non seppe quale magia la fece alzare così velocemente, ma si alzò. E corse. E corse come non aveva mai corso. Non si girò ma sentiva almeno cinque o sei lupi che ormai calpestavano la sua polvere. Erano adesso a meno di dieci metri. Poteva raggiungere solo la prima abitazione a fianco del saloon. Il saloon era inutile, i lupi sarebbero entrati. Si ricordò mentre correva della pistola, il reggicalze lo aveva ancora ma la pistola non c’era più. Certo, l’avevi presa per puntarla contro il Sig. Mah ricordi?... intanto correva e correva, e se fosse inciampata, scacciò questo pensiero. I lupi non inciampano, e nemmeno lei. Mancano solo pochi metri dalla porta per lei ma mancano anche pochi metri dalla preda per i lupi. Non sapeva di essere in grado di correre veloce come un lupo. Sbatté letteralmente contro la porta dell’abitazione. Per la prima volta si girò: Erano 15 lupi fermi dietro di lei a tre o quattro metri. Sembravano umani perchè non agivano d’istinto. La circondarono e altri lupi arrivarono. Questa volta molto lentamente provò a girare la maniglia della porta, per fortuna c’era la maniglia e non la chiave ma per sfortuna la porta non si aprì. Incominciò a vedere la nebbia sovrapporsi ai lupi che aveva davanti, riuscì ancora a vedere aprirsi un varco tra i lupi e uno di loro acquistare velocità mentre correndo gli si scagliava contro con la bava alla bocca. Lo vide anche spiccare il balzo finale, quello definitivo. Poi non vide più nulla.

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Lo so, lo sappiamo, la strada per Nothing era più facile, a questo punto sarebbe spuntato l’Orologiaio, il Signore del Tempo che lo avrebbe fermato e tutti sarebbero vissuti felici e contenti. Qui no. Questa è la strada per Emphatia e la strada per Emphatia passa per il dolore, per la sofferenza, per l’abbandono e bisogna percorrerla tutta. Forse questo era quanto doveva espiare la ragazza per la sua redenzione perché la fortuna che ebbe adesso non riesco nemmeno ad immaginare a cosa possa essere paragonata.

 

La Grande Intuizione della Strega Pittrice

Questa fu la grande intuizione della Strega. Appena rientrata nel Labirinto si ricordò del volto di quel corpo steso a terra e si ricordò anche delle parole di comprensione che ebbe per lei il Sig. Mah. Si convinse che forse per quella ragazza ci potesse essere ancora speranza, forse il suo destino sarebbe stato quello di avere un ruolo importante. E allora?... e allora la Strega tornò. Tornò col suo spettacolare Portale viaggiante e volante. Vide dall’alto i  lupi che avevano disegnato un semicerchio attorno al lupo che stava caricando la ragazza e senza esitare un solo attimo trasformò il portale iperspaziale in una piccola astronave di ferro e acciaio… Era una Strega e anche una Pittrice, nessuno meglio di lei avrebbe potuto farlo. Si scaraventò a tutta velocità tra il metro che separava il lupo dalla ragazza che ormai svenuta stava cadendo a terra. La prese al volo prima che cadesse e prima che il lupo desse una musata sulla porta chiusa. La Strega adagiò il corpo della Ex-Sexy-Poliziotta sul prato di margherite gialle del terzo quadrante del Metaverso Luminoso, appena dentro al Labirinto.

 

La Fata dei Colori

Il Grande Recinto

(La Chiave, Il Cesto, La Punta)

014 - Episodio 222 (La Fata dei Colori) - Il Grande Recinto - La Chiave, Il Cesto, La Punt

La Strega lasciò la ex-Poliziotta nel prato di margherite gialle e andò nella casina a prenderle dei vestiti. L’istinto le diceva che si poteva fidare, che avrebbe potuto portarla nella casina, naturalmente senza rivelare nulla, ma la ragione le consigliò di attendere. Almeno per il momento. Prese per lei un paio di jeans scoloriti e una maglietta bianca. Jeans e maglietta, sembrava la divisa della resistenza, erano gli abiti più utilizzati. Prese anche un libro che riteneva potesse essere molto utile. Un libro nero. Prese da bere, il buon senso le suggeriva che l’ideale sarebbe stato una bottiglia di acqua fresca, ma lei prese della birra. Si assicurò che fosse leggera. Questo era il massimo del suo buon senso. Due bottigliette, una Dark Metaverse per lei e una Moretti per la ex-Poliziotta. Fece per uscire ma ebbe un’esitazione: “Chissà quanto tempo ci metterà per riprendersi…” Tornò indietro e prese un’altra Dark Metaverse per lei da bere nell’attesa. La Tela sul cavalletto e i pennelli erano già predisposti nel prato di margherite gialle vicino alla ex Poliziotta.

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La Strega raggiunse la ex-Poliziotta, posò per terra i vestiti e le due birre. Stappò la Dark Metaverse rimasta e si sedette vicino a Lei. La Strega aveva bisogno di fare un po’ di chiarezza nei suoi pensieri. Mentre guardava la ragazza che si trovava ancora a terra svenuta qualcosa di forte si stava facendo largo nella sua mente. Non poteva essere tutto un caso, lei era giovanissima, aveva una luce dentro che abbagliava anche con gli occhi chiusi. Era forte e possedeva un’energia quasi tangibile. Si chiese come potesse una ragazza così scegliere di servire Demoni e Assassini. Poi si rispose: “Non era una scelta, era forse l’unica cosa che conosceva, forse nessuno le aveva mai fatto vedere una strada diversa,  sicuramente non sapeva nemmeno per quali creature infami stava lavorando”. Era una supposizione, certo, non poteva saperlo, non la conosceva, non ci aveva mai parlato e ancora peggio, nell’unica occasione che aveva avuto a che fare con lei stava puntando una pistola contro il suo amico. Nonostante ciò, più la guardava e più la sentiva. Era un’ Anima di Luce, un’Anima che non si può dire che si fosse persa, ma si può dire che forse la Luce non l’aveva mai nemmeno sentita nominare. L’intuizione le suggerì una cosa e lei, la Strega la fece: andò a prendere un’altra tela, un altro cavalletto e tanti colori, tantissimi, tutti quelli che poteva immaginare. Predisposte tutto: un’altra tela su un altro cavalletto,  altri  pennelli  e tutti i colori.  Poi si  girò ancora  verso  di lei e questa  volta la  vide  davvero: “Tu sei una fata!”

disse la Strega nella sua mente. Si girò ad osservare i colori, sembravano prendere luce, si accesero, si illuminarono e illuminarono. Si alzarono nello spazio, a diversi metri da terra e iniziarono a volteggiare mescolandosi tra di loro. Erano avvolti da una luce che irradiava scintille colorate, mille scintille e poi altre mille ancora. Le scintille si unirono poi in un’unica splendida scintilla formata da colori impossibili e in continua mutazione. La forma che assunse era quasi umana e sempre fluttuando nell’aria, quell’unica scintilla formata da mille scintille si unì con la ragazza. Entrò dentro di Lei accompagnata da un’esplosione di luce. La Fata aprì gli occhi, non c’era più dolore, non c’era più paura, c’era davanti a Lei solo questa splendida donna che le stava dicendo qualcosa. La Strega le stava dicendo chi era: “Tu sei una fata!” disse e questa volta lo disse ad alta voce: “Tu sei la Fata dei Colori!”.

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L’Ultimo Paese dell’Averno: Jerusalem’s Lot

Riprendiamo prima di concludere il capitolo dal noiosissimo percorso che sta facendo il Sig. Mah nella sua parte finale. Quindi andiamo indietro di qualche ora quando poco lontano da li la Poliziotta è ancora legata e svenuta nel piccolo borgo di Hell. Il Sig. Mah si trova in prossimità dell’ultimo paese prima del confine con il secondo livello. Era il primo posto che la Strega aveva visitato nei suoi tentativi di raggiungere il Sig. Mah. Era completamente deserto e molto in degrado ma c’era qualcosa che lo faceva apparire non del tutto morto. Vide anche in questo caso il cartello che indicava il nome del paese: “Salem”. “Salem” pensava il Sig. Mah, gli ricordava qualcosa. Non era una buona sensazione ma non ci pensò più di tanto. Vide la chiesa nel piazzale centrale vicino a dove era apparso il Portale con la Strega. Vide anche delle indicazioni stradali che indicavano sia l’autostrada che, sempre nella stessa direzione, la strada per il Secondo Livello: Empty Spaces. Era forse giunto il momento di dare un’occhiata al foglietto che gli aveva lasciato la Strega. Doveva essere importante, la Strega gli aveva detto che aveva scoperto delle cose fondamentali sul funzionamento del Metaverso. Entrò in chiesa. Non sapeva nemmeno lui perché scelse di entrare in un luogo sacro ma dopo scoprì che mai scelta fu più azzeccata. Erano più o meno le 23 del 26 agosto quando il Sig. Mah prima di prendere il foglietto diede un’occhiata al Display che aveva in condivisione con la Strega. Segnava 072H05M22S. Mancavano poco più di tre giorni alla scadenza del Tempo. Si chiese come avrebbe potuto farcela in soli tre giorni a portare il corpo della Principessa ad Emphatia. Non seppe rispondersi. Poi si sedette, prese il foglietto della Strega e iniziò a leggere.

Il Metaverso Espanso e il Metaverso Globale

“Ciao Sig. Mah, leggi bene questo foglietto e confrontalo con le mappe del Metaverso. Quello che ho scoperto potrebbe cambiare completamente le cose anche se al momento non è ancora tutto chiaro, e chissà se lo sarà mai. Mentre stavo cercando delle immagini della zona del Metaverso dove avrei dovuto costruire il Portale ho fatto delle ricerche utilizzando Google. Scrivendo come stringa ‘Metaverso Oscuro Mappa’ mi sono uscite diverse pagine ma due di loro mi erano sembrate molto strane. Una era ‘Mappa Metaverso Esteso’ e l’altra ‘Mappa Metaverso Globale. Entrambe si collegavano a dei siti esclusivi della Libreria ‘Emphatia Spore’ di Land’s End.

Metaverso Espanso

Io scelsi la prima, il Metaverso Espanso, perché mi sembrava più semplice da studiare e le zone sembravano indicate un po’ più in grande. Subito non ci feci caso perché continuavo a fissare lo sguardo solo sulla zona che mi interessava ma poi lo vidi chiarissimo. Il Metaverso nel suo insieme era formato da quadranti speculari. Trovai la cosa molto curiosa, ma non riuscivo a dargli un senso.

Metaverso Espanso

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Il Metaverso Globale

Capii meglio le cose quando andai alla pagina del Metaverso Globale. I quadranti erano aumentati, sembravano replicarsi in modo speculare e ricorsivo tra loro. Non c’era una fine e nemmeno un inizio. In questo Metaverso Globale le zone che noi conosciamo erano indicate nel quadrante numero 5, ma in quello stesso quadrante e soprattutto negli altri quadranti la struttura mutava. Sia nella sua sezione RAM che nella sua sezione ROM. Il Metaverso evolveva e mutava, si generavano zone nuove e la sua struttura cambiava. Si formavano delle varianti, sembrava che ci fosse un programma a generarle e a gestirle. Un programma ricorsivo che sfruttando certi algoritmi agiva sulle strutture statiche ROM e interagendo con le Anime che vivevano all’interno del Metaverso agiva anche nella parte RAM.  Il Desktop riesce a visualizzare solo nove quadranti, diciamo le zone confinanti al Metaverso a noi conosciuto, ma le varianti possono essere infinite, e non è per niente scontato che l’origine di tutto sia quella a noi conosciuta, cioè quella rappresentata dal quadrante 5. Noi abbiamo suddiviso il nostro Metaverso in Oscuro e Luminoso ma questo ha significato solo per il quadrante 5 e non per gli altri. Preso coscienza della certezza che i Metaversi possono mutare ne possiamo dedurre che il Metaverso di Luce potrebbe invadere tutta la zona che adesso noi riconosciamo come Metaverso Oscuro. Purtroppo ovviamente è possibile anche il contrario. Ora faccio altre considerazioni:  nel Quadrante 8 c’è il Labirinto ed è un Metaverso di Luce speculare al nostro. Il Labirinto lo ha creato la Principessa agendo per la prima volta, forse anche inconsapevolmente, su un altro quadrante. Un’altra considerazioni: le varianti nei quadranti 3 e 4, due varianti molto vicine al nostro quadrante, la mappa le nomina rispettivamente ‘Variante Piccolo Pianeta’ e ‘Variante Illusione’, non ci è dato modo di sapere se sono abitate. Come se non bastasse le cose ancora più incredibili vengono adesso: osserva bene il quadrante 2, è Nothing e, cosa ancora più assurda, il quadrante 1: Il Mondo Cardine. Riesci a capire cosa può voler dire questo? Se fosse vero quello che sembra potremmo dire con relativa certezza che il Mondo Cardine altro non è che una variante di un altro quadrante del Metaverso. Ultima considerazione, almeno per ora, la cosa che fa pensare che forse il quadrante 5 sia in qualche modo particolare è perchè lì, e solo lì da quel che sappiamo, si trova Emphatia.

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Ti lascio i link di entrambe le mappe così le potrai consultare in ogni momento. Tieni conto che la mappa del Metaverso Espanso è statica, è solo una fotografia fatta ad un certo punto dell’evoluzione del Metaverso, la mappa che è in mutamento e si evolve e quindi rappresenta lo stato attuale e reale è quella del Metaverso Globale. Io sinceramente penso che il tempo per portare il corpo della Principessa ad Emphatia sia nettamente insufficiente, ma forse questa scoperta potrebbe cambiare le cose. Riflettici un po’ Sig. Mah, poi quando ci vediamo mi dici cosa ne pensi”.

Metaverso Globale

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I Vampiri di Salem

Il Sig. Mah ripiegò il foglietto, lo rimise nel portafoglio, diede una piccola sorsata di rum dalla sua amata fiaschetta e fece per accendere una sigaretta. Per fortuna si ricordò che si trovava in chiesa, un luogo sacro dove fumare non era tanto edificante. Decise di uscire e fumarsi comunque la sigaretta. La stessa luna piena che in questo momento stava accompagnando la corsa dei lupi di Hell verso la ex-poliziotta illuminava anche il paesino di Salem. E se ad Hell c’erano i lupi, a Salem c’erano i vampiri. Ma il Sig. Mah ancora non lo sapeva, avrebbe fatto molto bene a ricordarsi di Salem, non era difficile, non era per niente difficile, era scritto tutto in un libro. Ma dovette vedere un altro cartello per avvicinarsi alla verità, era un cartellone che pubblicizzava la sagra del paese. La sagra era quella del sangue, la data era la notte tra il 26 e il 27 di Agosto, l’ora era la mezzanotte ed il paese era Jerusalem’s Lot. Il Sig. Mah guardò l’ora, mancavano 5 minuti a mezzanotte. Ecco, quindi sembrava che tra pochissimi minuti sarebbe iniziata una sagra, una festa… ma era tutto deserto, come avrebbe potuto iniziare una festa tra soli cinque minuti.

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E invece iniziò. Non arrivarono, apparvero. Sembravano come la marea di Le Mont Saint Michel, non arriva, si alza da sottoterra, cresce e cresce e poi cresce ancora. Iniziò il tutto con una palla che rotolando passò proprio davanti al Sig. Mah. Non c’era nessuno che si vedesse che potesse averla lanciata. La palla oltrepassò il Sig. Mah che nel frattempo si era seduto sui gradini davanti alla chiesa. La Palla fermò la sua corsa ad una decina di metri alla destra del Sig. Mah per poi ripartire velocemente esattamente nel senso opposto come se qualcuno l’avesse fermata e poi calciata. Ripassò ancora davanti al Sig. Mah che la seguiva con lo sguardo. La cosa si ripetè diverse volte. Apparve un parco giochi. Prima non c’era. No, non c’era, ne era assolutamente certo il Sig. Mah. Vide almeno due altalene, uno scivolo, un piccolo campo da pallone e anche altre cose non ben identificabili dalla sua posizione. Appena apparve il parco giochi la palla si fermò a mezza altezza come se qualcuno di invisibile la stesse tenendo. Agli occhi del Sig. Mah la palla adesso si stava avviando da sola volando a mezz’aria verso il campetto di calcio del parco giochi. Le altalene si misero in movimento. La palla iniziò a girare per il campetto come impazzita.

Questa surreale scenografia durò qualche minuto, esattamente fino alla mezzanotte. Poi la Campana della chiesa diede il primo rintocco. Tutto si fermò. Le altalene smisero di

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dondolare, la palla cadde per terra facendo un ancora qualche rimbalzo per poi fermarsi. La Campana della chiesa proseguì con i suoi rintocchi, erano lenti, molto più lenti di una campana tradizionale e tra l’uno e l’altro potevano passare anche dieci-quindici secondi. Il tempo tra un rintocco e l’altro cambiava sempre. Ogni rintocco creava un vuoto che qualcosa a breve avrebbe colmato. Il dodicesimo rintocco fu seguito da una eco che sfumò in un silenzio che definire totale era riduttivo. Passarono almeno trenta secondi di totale silenzio prima del tredicesimo e ultimo rintocco. Fu un rintocco molto più potente ma anche più morbido, emanava calore. L’ultimo rintocco della Campana non ebbe fine perché alla sua coda si sovrappose con una dissolvenza incrociata un organo la cui timbrica ricordava J. S. Back. Era una nota unica e senza variazioni. A questa nota si aggiunsero lentamente i violini e i violoncelli creando una melodia triste ma felice Oboe e trombone e a poco a poco quello che prima era solo il tredicesimo rintocco di una campana era diventato un’orchestra. Questa musica non era più Back, era Mozart. La Sagra del Sangue di Jerusalem’s Lot poteva iniziare.

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Per prima cosa apparvero tutte le strutture utili alla Sagra di paese: un palco con tutto il necessario per un concerto o uno spettacolo teatrale. O un rito. C’era un grosso telone bianco che sembrava coprire qualcosa. Apparvero lunghi tavoli adatti alle sagre di paese con tutte le sedie. Ogni tavolata poteva contenere cinquanta vampiri, e le tavolate erano 10. E’ facile il conto Sig. Mah per sapere quanti saranno i Vampiri presenti per la festa. La sagra, sì la sagra, la festa, chiamala come vuoi Sig. Mah l’importante è che hai capito quale è l’oggetto della festa, l’elemento che viene festeggiato, lo hai capito vero? L’illuminazione di Salem cambiò. Si trasformò un una colorazione viola con sfumature rosso cremisi.

I Vampiri apparvero come detto, come la marea di Le Mont Saint Michel. Dal nulla. E da sottoterra. Prima in forma spirituale, inconsistenti ma presto lo spirito divenne carne. Il Sig. Mah li vide e ripetè esattamente la stessa espressione di quando vide la poliziotta col mitra: “Occazzo, e ora?”.

In questo momento al Sig. Mah venne in mente dove aveva già sentito parlare dei Vampiri di Salem, era un libro, un libro di uno dei suoi autori preferiti: Stephen King. “Ma Stephen King non aveva mai detto che quella era una storia vera, aveva sempre detto che era un romanzo. Dannazione a lui. E anche a me che se me lo fossi ricordato quando lessi il nome del paese me ne sarei andato via più veloce della luce”. Questo era il pensiero del Sig. Mah che però doveva velocemente lasciare il posto ad altri pensieri: come trovare una soluzione ad esempio. E la soluzione la trovò al volo. Come sempre. O quasi. Entrò in chiesa. Cercò di ricordarsi se nel romanzo di Stephen King i vampiri potevano entrare in chiesa ma non gli venne in mente. Pensò ad altre storie e si raccontò una bella palla: “No, in chiesa ci sono le croci, non possono entrare”. “Già, vero, ma se la chiesa fosse sconsacrata?”. Pensò questo subito dopo e allora si girò per vedere se ci fossero delle croci. No. Non c’erano. Guardò a destra, guardò a sinistra, guardò in alto e in basso ma di croci non c’era neanche l’ombra. “Probabilmente non mi hanno visto” pensò. “Vero anche quello, sicuramente i Vampiri arrivati dopo i rintocchi della campana non ti hanno visto, ma quelli ancora incorporei e invisibili che giocavano a palla proprio davanti a te. Puoi essere certo che neanche quelli ti hanno visto?” Era il solito rimbalzo di pensieri che si faceva tra se e se. Succedeva ormai spesso, aveva sostituito l’Oracolo con se stesso. Non era sicuro di averci guadagnato ma lo doveva accettare. Lo accettò. Si avvicinò ad una finestrella vicino alla Porta principale, da li poteva guardare e ragionevolmente sperare di non essere visto. I Vampiri arrivavano un po’ da tutte le parti, sembrava un appuntamento secolare, un qualcosa che ripetevano per qualche ricorrenza. Per certi aspetti non sembravano tanto diversi dagli esseri umani, arrivavano in coppie o con la famiglia, c’erano anziani e bambini e non erano vestiti in modi particolari. Certo, un po’ antichi, quello sì ma erano abbastanza normali. Non c’erano mantelli neri o ali di pipistrello. Non ancora se non altro. Quasi pensava di uscire fuori ma cambiò subito idea quando sentì un rombo di motori che si stava avvicinando. Erano dieci moto di grossa cilindrata che entrarono nella piazza dove c’era il palco avanzando in fila per due e molto lentamente. Parcheggiarono le moto formando un cordone. Cinque da una parte e cinque dall’altra. Nel mezzo lo spazio per qualcosa. Quel qualcosa arrivò. Era una limousine nera di una lunghezza non calcolabile. Le sue dimensioni partivano praticamente dall’inizio della prima moto e finivano dove finiva la quinta moto. Dalla Limousine scesero dieci vampiri. Questi erano in divisa. Cioè avevano tutti i sacri crismi che un vampiro deve avere, dai capelli lunghissimi al mantello. Dentoni compresi. “Azzo” disse il Sig. Mah. I dieci vampiri si misero in fila. Ne arrivò un altro che aprì il portellone posteriore della macchina. Due dei dieci vampiri iniziarono a tirare fuori una bara dalla limousine. La bara sarà stata lunga almeno dieci metri. “Azzo” ripetè il Sig. Mah. Mentre la bara usciva a coppie anche gli altri otto vampiri si aggiunsero ad aiutare per tirarla fuori. Anche questa immagine la consiglio agli illustratori: Una bara di dieci metri trasportata molto lentamente e rispettosamente da cinque vampiri per lato. Salirono da dietro al palco dove era stata costruita una passerella apposta per l’occasione. Posarono la bara proprio nel centro del palco, la posarono parallela al palco e con l’apertura rivolta verso il pubblico. I dieci vampiri scesero dal palco e vi si posizionarono intorno come a formare un servizio d’ordine. Questo fu forse il momento che più di ogni altro il Sig. Mah dubitò fortemente di poter arrivare ad Emphatia con la Principessa.

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Il Rito del Sangue

Il Sig. Mah continuava a guardare sperando di non essere visto. La situazione al momento sembrava tranquilla, le tavolate erano tutte apparecchiate, ogni vampiro aveva il suo bicchiere. Niente altro, solo un bicchiere. E un tovagliolo rosso. E anche uno stappa bottiglie. Erano ormai tutti e cinquecento seduti quando lo spettacolo o il rito iniziò. Si accesero dei riflettori sul palco, una luce chiara e intensa. Una ancora più intensa illuminava la bara e un’altra era puntata sul telone bianco che nascondeva qualcosa. Si accese una insegna che stava sopra al palco: “Il Rito del Sangue – Edizione 93°”. I Vampiri musicisti salirono sul palco e iniziarono a suonare. Era una musica gotica sconosciuta ma molto bella. Bella ed evocativa, l’ideale ad accompagnare una situazione totalmente surreale. Salirono sul palco due vampiri e due vampire. Danzarono su questa musica, danzarono e poi si inginocchiarono l’uno di fronte all’altra e si misero in una posizione come a dover presentare qualcuno. Un quinto vampiro arrivò. Passò in mezzo alle coppie di vampiri che gli indicavano la strada senza guardarlo, con lo sguardo rivolto a terra. Quest’ultimo vampiro doveva essere di rango superiore, alto oltre i due metri, un vestito che era un capolavoro gotico, tutto nero con risvolti rossi e un mantello che lo copriva fino ai piedi. I capelli lunghi ben oltre le spalle e neri. Un nero corvino che avrebbe invidiato anche Korvo. La musica si fermò. Ne iniziò un’altra, solo fisarmonica, era allegra, ma allegra in minore. Due violiniste vampire favolose aggiunsero note e melodia alla fisarmonica, il Vampiro Capo (diciamo così perché questo sembra) seguiva la musica con movimenti aggraziati e rituali. Si avvicinò al microfono sempre con la musica ad accompagnarlo e disse: “Il Tempo Nostro sta per arrivare. Che il sangue ci possa ancora unire e dissetare. Tutti. Per sempre. Preparatevi!”. La musica salì d’intensità e tutti i commensali vampiri presero una bottiglietta che avevano portato con loro, la stapparono e versarono il liquido denso rosso sangue dentro al bicchiere. Si alzarono tutti e cinquecento in piedi, la musica era ad altissima intensità, sempre mantenendo quella melodia allegra ma in minore si erano aggiunti anche tutti gli altri strumenti. “Che il Rito abbia inizio!” disse il capo dei vampiri e tutti i vampiri bevvero quel liquido in un sorso solo sporcandosi e fregandosene altamente. Dopo si sedettero, le luci si abbassarono e la musica divenne tesa e malinconica nello stesso tempo. Il Capo vampiro fece un cenno, due vampire di bellezza inaudita salirono lentamente e sempre con movimenti rituali sul palco. Danzarono fino al telone che nascondeva qualcosa. Lo strapparono via rivelando il segreto. Il telone toccò terra e mostrò dietro di se un palo che sosteneva una ragazza completamente nuda e imprigionata ai polsi da dei cerchi di ferro uniti ad una catena anch’essa di ferro posta sulla cima del palo. La ragazza penzolava inerte dal palo senza dare alcun segno di vita. Un rivolo di sangue le scendeva dal collo e bagnando il suo corpo per finire nel pavimento. La musica raggiunse la sua massima intensità, i cinquecento vampiri ancora tutti in piedi ulularono contemporaneamente come ululano i lupi. L’ululato sembrava non finire più. Era agghiacciante. Ma anche affascinante. Cazzo se lo era vero Sig. Mah. Poi tutto si fermò. Immagine estremamente suggestiva. Basta musica, tutti si sedettero nel totale silenzio. Si sentiva solo il ciondolare dei ferri che tenevano la ragazza appesa per i polsi al palo. Il capo vampiro si avvicinò al microfono e nel silenzio più assoluto ritornò a parlare. Le parole che disse il vampiro gelarono il Sig. Mah.

Barlow, il Vampiro di Salem.jpg

Le Parole del Vampiro

“Fratelli, questa volta ci sarà una novità, non saremo soli, qualcuno assisterà allo spettacolo assieme a noi”. Puntò lo sguardo verso la chiesa e indicò con l’indice la finestrella da dove il Sig. Mah stava sbirciando. Tutti i Vampiri si voltarono verso la finestrella della chiesa. Sembravano piuttosto compiaciuti. Lo dimostrarono aprendo la bocca e mostrando i denti, volgendo tutti lo sguardo nello stesso punto.

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Il Vampiro Capo concluse:

“Sei d’accordo con noi?…

...Signor Mah?”.

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