
Sylvia Blake: l'Eredità del Sangue
Cap. 2: I Vampiri di Montmartre
In quel momento passò un uomo molto particolare. Si avvicinò e disse con tono risoluto ma non prepotente, abbastanza autoritario ma senza sembrare avere cattive intenzioni. La cosa che disse non poteva non essere presa in considerazione.
"Sylvia, fatti trovare qui a mezzanotte, avrai le risposte alle tue domande. Elena, se vorrai, potrai esserci anche tu, ma sappi che potresti non reggere a quello che scoprirai." E se ne andò.
Elena sorresse Sylvia, ben sapendo che non poteva evitare che Sylvia svenisse. Successe dopo qualche istante che l'uomo se ne era andato: semplicemente, Sylvia da seduta si accasciò a terra. Elena la guardava, era per terra con gli occhi chiusi. Provò un senso di amore e tenerezza infinito e comprese dentro di sé che non l'avrebbe lasciata sola nemmeno un secondo e che, se fosse stato necessario, avrebbe dato la sua vita per lei.
Lentamente, Sylvia si riprese. "Cosa... cosa è successo?" mormorò, aprendo gli occhi.
"Sei svenuta, come al solito," rispose Elena con un sorriso affettuoso. "Quel tizio ha detto che dovremo essere qui a mezzanotte per avere delle risposte."
Sylvia si mise a sedere con l'aiuto di Elena, il viso ancora pallido. "Mezzanotte? Che cosa pensi che voglia dire?"
Elena scosse la testa. "Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo."
Sylvia le prese la mano, stringendola con gratitudine. "Grazie, Elena. So che posso sempre contare su di te."
Decisero di tornare nella loro stanza d'albergo per prepararsi. Durante il tragitto, Sylvia non poteva smettere di pensare alle parole dell'uomo. Sentiva che qualcosa di grosso stava per accadere e la paura di trasformarsi in un vampiro la tormentava.
Una volta arrivate in camera, iniziarono a discutere di quello che era successo.
"Non possiamo ignorare ciò che ha detto," iniziò Sylvia, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza. "Devo sapere cosa mi sta succedendo."
"Lo so," rispose Elena, sedendosi sul letto. "Ma non voglio che tu vada da sola. Qualcosa mi dice che potrebbe essere pericoloso."
Sylvia si fermò e la guardò con determinazione. "Non posso permetterti di correre questo rischio, Elena. Se qualcosa andasse storto..."
"Se qualcosa andasse storto, preferirei essere con te," interruppe Elena. "Non puoi proteggermi da tutto. E poi, chi ti proteggerà se non ci sarò io?"
Sylvia sorrise tristemente. "Hai sempre una risposta per tutto, vero?"
Elena le fece un occhiolino. "Qualcuno deve pur farlo."
Quella sera non cenarono, troppo prese dai loro pensieri e dalle ipotesi su cosa potesse accadere a mezzanotte. Parlarono a lungo, cercando di esorcizzare le loro paure con battute e scherzi.
Quando l'ora si avvicinò, si vestirono seguendo il loro schema: jeans attillati, stivaletti neri, maglietta nera e giubbotto di pelle nero.
Elena in più mise dell'aglio nella tasca sinistra e, nella tasca destra del giubbotto, sempre i soliti sali per Sylvia.
"Pronta?" chiese Elena, guardando Sylvia negli occhi.
Sylvia annuì. "Pronta quanto posso esserlo."
Uscirono dall'albergo e si diressero a piedi verso Montmartre. Era vicino e mancavano dieci minuti a mezzanotte. Entrarono nel cimitero, l'oscurità li avvolgeva mentre si avvicinavano alla tomba prefissata per l'appuntamento.
"Sylvia, sei sicura di voler fare questo?" chiese Elena, lanciando un ultimo sguardo preoccupato all'amica.
Sylvia prese un respiro profondo. "Non ho scelta. Devo sapere cosa mi sta succedendo. E tu, sei sicura di voler restare?"
Elena sorrise, stringendole la mano. "Non andrei da nessun'altra parte. Siamo insieme in questo, fino alla fine."
Si fermarono davanti alla tomba, l'orologio segnava la mezzanotte. Il cimitero era silenzioso, l'aria carica di tensione.
La Soglia dell'Ignoto
Mentre Sylvia ed Elena aspettavano davanti alla tomba, la tensione nell'aria divenne palpabile. Si scambiarono uno sguardo preoccupato, cercando conforto l'una nell'altra. Poi, dall'ombra, emersero tre figure alte, vestite con abiti di pelle nera che riflettevano debolmente la luce della luna. I loro mantelli scuri svolazzavano leggermente con il vento, e le loro espressioni erano serie e intense. Gli occhi di ognuno brillavano di una luce innaturale, rivelando la loro vera natura.
Sylvia sentì il cuore accelerare e una sensazione di vertigine la pervase. Tentò di mantenere la calma, ma la pressione era troppo forte. Si accasciò a terra, svenuta, proprio mentre i vampiri si avvicinavano ulteriormente.
Uno dei vampiri, il più alto e dal portamento elegante, si chinò e prese Sylvia in braccio con una delicatezza sorprendente. Guardò Elena e disse con voce calma e profonda: "Seguici."
Elena, combattuta tra il panico e la determinazione, annuì e seguì il gruppo, il cuore martellante nel petto. I vampiri la condussero attraverso il cimitero, fino a una cripta nascosta tra gli antichi mausolei. Entrarono in un'oscurità quasi totale, rischiarata solo da deboli torce alle pareti.
All'interno, Sylvia cominciò a riprendersi. Aprì gli occhi e si trovò distesa su un antico sarcofago di pietra. Un vampiro, con un volto gentile e occhi penetranti, le si avvicinò. "Per favore," disse, "potete buttare via l'aglio. Non ci serve per il nostro scopo."
Elena, ancora scossa, esitò, ma alla fine si tolse l'aglio dalla tasca e lo posò in un angolo della cripta. "Chi siete voi? E cosa volete da noi?" chiese con voce tremante.
Il vampiro gentile rispose: "Non temete. Come in tutte le cose, non c'è sempre solo male. Noi vaghiamo per i cimiteri da centinaia di anni senza mai attaccare un umano. Abbiamo accordi con persone consenzienti per il sangue; ci sono ospedali e macellerie specializzate. Quello che vogliamo è spiegare la trasformazione in atto di Sylvia."
Sylvia si sedette, ancora confusa. "La mia trasformazione? Cosa mi sta succedendo?"
"Normalmente, se la vittima non beve il sangue del vampiro, non viene trasformata" spiegò il vampiro. "Ma può esserci qualcosa di genetico che, come nel tuo caso, favorisce la trasformazione. È una lotta interiore tra ciò che desideri veramente e ciò di cui hai paura."
Elena si fece avanti, la voce carica di preoccupazione. "Cosa dobbiamo fare? C'è un modo per fermare questa trasformazione?"
Il vampiro annuì lentamente. "La trasformazione non è completa. Sylvia deve decidere se accettare ciò che sta diventando o resistere. Ma deve essere pronta ad affrontare le conseguenze di entrambe le scelte."
Sylvia, sentendo il peso delle parole del vampiro, chiese: "E se non riesco a decidere? Se non so cosa voglio davvero?"
Il vampiro sorrise tristemente. "Questa è la natura dell'essere umano. È una lotta interna che solo tu puoi combattere. Noi possiamo aiutarti a capire, ma la decisione finale spetta a te."
Elena, cercando di sostenere l'amica, chiese: "Come possiamo fidarci di voi? Come sappiamo che non siete nostri nemici?"
Il vampiro più anziano, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, parlò con una voce grave e autorevole. "Non siamo vostri nemici. Vogliamo solo evitare che tu, Sylvia, diventi un pericolo per te stessa e per gli altri. Se avrai bisogno di noi, potrai trovarci qui, in questa cripta, ma solo dopo il tramonto."
Sylvia ed Elena si guardarono, scosse ma determinate. "Grazie" disse Sylvia, la voce tremante ma risoluta. "Faremo tesoro delle vostre parole."
I vampiri annuirono, e Sylvia ed Elena si prepararono a lasciare la cripta. Attraversarono il cimitero, il silenzio pesante attorno a loro. Elena, con il cuore ancora in tumulto, sorresse Sylvia, preoccupata che potesse svenire di nuovo.
"Sylvia, come ti senti?" chiese Elena, la voce carica di ansia.
"Sono stanca" rispose Sylvia, appoggiandosi a lei. "Ma non preoccuparti, ce la farò. Dobbiamo solo tornare in albergo."
Fortunatamente, riuscirono a raggiungere l'albergo senza ulteriori incidenti. Una volta nella loro stanza, si sedettero sul letto, esauste ma sollevate di essere al sicuro. La notte era ancora giovane, e sapevano che il giorno seguente avrebbe portato nuove sfide, ma per il momento, erano contente di essere insieme, pronte a combattere qualsiasi cosa il destino avesse in serbo per loro.
Sylvia ed Elena, sedute sul letto della loro stanza d'albergo, parlarono a lungo di quanto accaduto. La tensione della serata non era ancora svanita, ma cercarono di fare chiarezza.
"Da poliziotta," iniziò Elena, "ho imparato a fidarmi del mio istinto e delle prove concrete. Se quei vampiri avessero voluto farci del male, lo avrebbero già fatto. Inoltre, non ci sono stati casi di vampirismo negli ultimi decenni, a parte quello risolto da noi recentemente."
Sylvia annuì, riflettendo su quelle parole. "Sì, e quello che hanno detto sembra avere un senso. La trasformazione dipende dal desiderio e dalla paura. È un equilibrio perverso tra i due, ma va oltre la mia volontà. Non posso decidere razionalmente, è il germe dentro di me che crescerà solo se troverà terreno fertile."
Elena strinse la mano di Sylvia, cercando di confortarla. "Questo significa che dobbiamo capire come gestire questi sentimenti."
Decisero insieme di tornare dai vampiri ed esporre loro queste riflessioni, per capire se avevano un senso e dichiarare la loro amicizia. Volevano anche conoscere i loro nomi e approfondire la relazione con loro.
Prima di andare a dormire, si spogliarono e si amarono, cercando conforto l'una nell'altra. Le loro paure e incertezze sembravano attenuarsi, seppur brevemente, mentre si abbracciavano e si sussurravano parole d'amore.
Dopo aver fatto l'amore, si addormentarono abbracciate, pronte ad affrontare un nuovo giorno insieme.
La mattina seguente, si svegliarono presto. La luce del sole filtrava dalle tende, illuminando la stanza con una luce calda e rassicurante. Dopo una doccia rinfrescante e una colazione veloce, decisero di esplorare Parigi, cercando di distrarsi dalle loro preoccupazioni.
Passeggiarono lungo le strade affollate, visitarono piccoli caffè e negozi di antiquariato, cercando di godersi la bellezza della città. Ma la conversazione inevitabilmente tornava sempre al tema della sera precedente.
"Sai," disse Elena mentre sorseggiava un caffè in un piccolo bistrot, "dovremmo davvero tornare dai vampiri stasera. Dobbiamo esporre loro i nostri pensieri e chiedere ulteriori spiegazioni."
Sylvia annuì. "Sì, e dobbiamo anche far capire loro che non siamo loro nemiche. Forse possiamo trovare un modo per convivere pacificamente."
Dopo il pranzo, decisero di fare una passeggiata lungo la Senna. L'acqua calma e il panorama mozzafiato offrivano un momento di tranquillità.
"Questa città ha qualcosa di magico," disse Sylvia, guardando il fiume. "Nonostante tutto, mi sento stranamente calma qui."
"Anche io," rispose Elena, stringendole la mano. "È come se Parigi avesse il potere di lenire le nostre paure."
Passarono il pomeriggio visitando musei e gallerie d'arte, cercando di assorbire la cultura e la storia della città. Ma la mente di Sylvia tornava sempre alla sua condizione, e sapeva che la sera avrebbero dovuto affrontare nuovamente i vampiri.
Verso le 20, tornarono in albergo per prepararsi alla serata. Si cambiarono, scegliendo abiti comodi ma pratici, pronti per qualsiasi eventualità. La tensione era palpabile, ma erano determinate a scoprire la verità e a trovare un modo per aiutare Sylvia.
"Siamo pronte?" chiese Sylvia, guardando Elena negli occhi.
"Sì," rispose Elena, prendendole la mano. "Andiamo a scoprire cosa ci riserva questa notte."
Sylvia ed Elena si prepararono per la serata, lasciando intenzionalmente da parte aglio, croci e acqua santa. Volevano dimostrare la loro fiducia nei confronti dei vampiri, così come i vampiri avevano fatto la sera precedente. Elena prese però i sali per Sylvia, sapendo che potrebbero essere utili.
Sylvia osservò Elena mentre si preparava. "Non prenderai la pistola?"
Elena scosse la testa. "No, Sylvia. Questa sera dobbiamo dimostrare la nostra fiducia. E tu?"
"Nemmeno io," rispose Sylvia. "Di solito la prendo solo in casi particolari, ma stasera... stasera voglio dimostrare che mi fido di loro."
Si vestirono con lo stesso abbigliamento del giorno prima: jeans attillati, stivaletti neri e magliette nere giubbotto di pelle nero. Non volevano sembrare minacciose, ma piuttosto sincere nella loro volontà di collaborazione.
Uscirono dall'albergo e si diressero verso il cimitero di Montmartre. L'aria era fresca, e la luce della luna illuminava il loro cammino. Camminarono fianco a fianco, mano nella mano, cercando di darsi forza a vicenda.
"Sylvia, come ti senti?" chiese Elena, notando la tensione nel volto della sua compagna.
"Ho paura, Elena. Temo che sverrò di nuovo," ammise Sylvia, cercando di mantenere la voce ferma.
"È normale avere paura," rispose Elena dolcemente. "Lo so," disse Sylvia, stringendo la mano di Elena. "È solo che... sento che sto perdendo il controllo. Questo conflitto dentro di me tra desiderio e paura è estenuante."
Elena si fermò e guardò Sylvia negli occhi. "Ascolta, Sylvia. Quello che stai vivendo è incredibilmente difficile, ma non devi affrontarlo da sola. Io sono con te ogni passo del cammino, e stasera parleremo con i vampiri per cercare delle risposte."
Sylvia annuì, prendendo un respiro profondo. "Grazie, Elena."
Raggiunsero il cimitero. L'entrata era oscura e silenziosa, l'atmosfera carica di mistero. Sylvia si fermò un attimo, guardando le tombe illuminate dalla luce lunare.
"Non possiamo tornare indietro ora," disse Sylvia, cercando di raccogliere il coraggio.
"Non lo faremo," rispose Elena fermamente. "Andiamo."
Entrarono nel cimitero e si diressero verso la cripta dove avevano incontrato i vampiri la sera precedente. Mentre camminavano tra le tombe, Sylvia sentiva il cuore battere sempre più forte.
"Elena, ho bisogno di fermarmi un momento," disse Sylvia, sentendo la vertigine crescere.
Elena la sostenne, prendendo i sali dalla tasca. "Va bene, Sylvia. Respira profondamente. Siamo quasi arrivati."
Sylvia inspirò profondamente, cercando di calmarsi. "Sto meglio. Possiamo continuare."
Proseguirono verso la cripta, e appena entrarono, videro i tre vampiri ad attenderli. Le figure scure e imponenti erano in piedi in un angolo, il volto serio ma non minaccioso.
Elena prese la parola. "Siamo tornate perché abbiamo riflettuto su quanto ci avete detto. Vogliamo capire meglio. Sylvia ha questo conflitto interno tra desiderio e paura. Non possiamo ignorare quanto le sta succedendo."
Il vampiro che aveva parlato la sera prima fece un passo avanti, i suoi occhi penetranti. "Capisco le vostre perplessità. È un conflitto difficile, ma siamo qui per aiutarvi."
Sylvia sentì le gambe cedere e si accasciò al suolo. Uno dei vampiri si avvicinò rapidamente e la sollevò con delicatezza, appoggiandola su un antico sarcofago.
"Per favore, state calme," disse il vampiro con voce rassicurante. "Siamo qui per aiutarvi, non per farvi del male."
Elena, combattendo il panico, si avvicinò a Sylvia. "Grazie," disse al vampiro. "Abbiamo bisogno del vostro aiuto e dei vostri consigli. Sylvia non può affrontare questa situazione da sola."
Il vampiro annuì. "Siamo pronti a rispondere a tutte le vostre domande. Ma prima, lasciate che Sylvia si riprenda."
Sylvia aprì lentamente gli occhi, guardando Elena e il vampiro con gratitudine. "Grazie... sono qui." Elena le strinse la mano. "Ora, ascoltiamo cosa hanno da dirci."
Il vampiro iniziò a spiegare. "La trasformazione dipende da molti fattori, inclusi desiderio e paura. Ma non è una decisione razionale. È un processo che avviene a livello profondo. Quello che possiamo fare è aiutarvi a comprendere meglio questo processo e a trovare un equilibrio."
Elena ascoltava attentamente, pronta a fare tutte le domande necessarie per aiutare Sylvia. Sapeva che la strada sarebbe stata lunga e difficile, ma era determinata a rimanere al fianco della sua amata, qualunque cosa accadesse.
Victor, il Saggio dei Vampiri di Montmartre
Uno dei vampiri, che sembrava essere il leader del gruppo, fece un passo avanti. "Permettetemi di presentarmi. Mi chiamo Victor. Ho oltre trecento anni e vengo da Vienna. Accanto a me ci sono Lucien, che viene da Parigi e ha quasi duecento anni, e Isolde, originaria della Transilvania, che ha vissuto per oltre centocinquanta anni."
Elena osservava con attenzione, cercando di trattenere la sua incredulità. "È incredibile... la vostra comunità deve essere molto più numerosa di quanto immaginassimo."
Victor annuì. "Sì, la nostra comunità è più grande di quanto possiate pensare. Viviamo nell'ombra, ma talvolta ci mescoliamo tra gli umani. Stiamo molto attenti a non rivelarci. Con voi abbiamo fatto un'eccezione, perché conosciamo Sylvia. Sappiamo che ha sempre agito senza preconcetti e ha aiutato chiunque ne avesse bisogno. Nel nostro mondo, Sylvia è conosciuta e stimata, e ora anche tu, Elena."
Elena guardò Sylvia con occhi pieni di ammirazione. Sylvia mostrandosi sorpresa si rivolse a Victor. "Non sapevo di essere così conosciuta tra di voi."
Isolde sorrise dolcemente. "Il tuo lavoro non passa inosservato. Anche noi apprezziamo chi, come te, cerca di fare la cosa giusta, indipendentemente dalle circostanze."
Victor riprese la parola. "Siamo sempre a vostra disposizione per aiutarvi, ma per risolvere il tuo problema, Sylvia, ci vuole pazienza. Al momento attuale non ci sono risposte definitive."
Sylvia cercò di mantenere la calma, ma sentiva la testa girare. "Quindi... cosa posso fare?"
Victor sospirò leggermente. "Purtroppo, non c'è niente che tu possa fare razionalmente. La trasformazione è determinata da qualcosa che sta dentro di te. Abbiamo visto persone trasformarsi e altre no. È una lotta interiore tra desiderio e paura."
Lucien intervenne, con voce pacata. "Avrai alti e bassi, Sylvia. Ti sentirai forte e debole. Anche le piccole emozioni potranno farti svenire. È già nella tua indole, e forse la tua sensibilità non gioca a tuo favore. Ma chi può dire cosa è veramente a tuo favore? Chi può dire che, anche nell'eventualità di una trasformazione, non sia la cosa giusta per te? Forse è quello che inconsciamente desideri."
Sylvia sentì una vertigine spaventosa. "Non so cosa voglio veramente. Ho paura di perdere me stessa." Elena le strinse la mano, cercando di darle forza.
Victor annuì con comprensione. "Capisco le tue preoccupazioni. Ma devi cercare di accettare questa incertezza. Siamo qui per aiutarti a capire e ad affrontare questa situazione, ma nessuno può decidere per te."
Sylvia annuì, cercando di trovare un equilibrio interiore. "Grazie. Apprezzo il vostro supporto."
Isolde si avvicinò e le sorrise dolcemente. "Siamo qui per te, Sylvia. Non esitare a cercarci se hai bisogno di noi. La cripta è sempre aperta per voi, ma ricordatevi, venite solo dopo il tramonto."
Elena fece un passo avanti, prendendo la parola. "Abbiamo bisogno del vostro aiuto e dei vostri consigli. Siamo disposte ad affrontare questa situazione, ma dobbiamo capire meglio cosa sta succedendo a Sylvia."
Victor annuì. "Siamo qui per rispondere a tutte le vostre domande. Ma per ora, la cosa migliore è che vi prendiate cura l'una dell'altra e cercate di mantenere la calma."
Sylvia ed Elena ringraziarono i vampiri e si prepararono a lasciare la cripta. La tensione era ancora alta, ma sentivano di aver fatto un passo avanti nella comprensione di ciò che stava accadendo.
Attraversarono il cimitero in silenzio, le parole dei vampiri riecheggiavano nelle loro menti.
Una volta tornate in camera, si sedettero sul letto, esauste ma determinate a discutere di quanto appreso.
"Elena," iniziò Sylvia, "cosa pensi di tutto questo? Pensi che abbiano ragione?"
Elena rifletté un momento. "Da poliziotta, so che la logica e il pragmatismo sono importanti. I vampiri ci hanno dato delle informazioni utili. Inoltre, il fatto che non ci siano stati casi di vampirismo negli ultimi decenni conferma che ciò che ci hanno detto è vero."
Sylvia annuì, guardando Elena con gratitudine. "Hai ragione. Ma come possiamo essere sicure che non mi trasformerò?"
"Non possiamo esserlo," rispose Elena con sincerità. "Ma possiamo fare del nostro meglio per affrontare questa situazione insieme. Se la trasformazione dipende dal desiderio e dalla paura, dobbiamo lavorare su questi sentimenti."
Sylvia si sdraiò sul letto, sentendosi sopraffatta. "È tutto così complicato..."
Elena si sdraiò accanto a lei, accarezzandole il viso. "Lo so, amore. Ma lo affronteremo insieme, un passo alla volta."
Si abbracciarono, trovando conforto nella vicinanza l'una dell'altra. Le parole e le promesse che si scambiarono quella notte furono piene di amore e determinazione.
"Non ti lascerò mai sola, Sylvia." Sussurrò Elena.
"E io ti amo, Elena. Grazie per essere sempre al mio fianco," rispose Sylvia, chiudendo gli occhi e cercando di trovare un po' di pace.
La mattina successiva, Sylvia ed Elena si svegliarono presto. Dopo una colazione veloce, si sedettero sul letto per parlare di ciò che avrebbero fatto nei giorni successivi.
"Sylvia, dobbiamo tornare a Edimburgo tra due giorni," disse Elena con un tono serio. "Ma l'aiuto di questi vampiri sembra davvero importante. Forse dovremmo considerare di restare qui un po' più a lungo."
Sylvia annuì lentamente. "Hai ragione. La situazione è complessa, ma mi sento come se la loro guida fosse essenziale per capire cosa mi sta succedendo."
Elena le prese la mano. "Dobbiamo accettare qualunque cosa accada, anche se significa che potresti trasformarti. Forse, questa trasformazione è la cosa giusta per te."
Sylvia guardò Elena con un misto di preoccupazione e speranza. "E se mi trasformassi davvero? Come cambierebbe la nostra vita?"
Elena sorrise, cercando di sollevare il morale di Sylvia. "Io, fidanzata di una vampira... sverrei solo all'idea! Portami via, Sylvia!"
Sylvia scoppiò a ridere, sentendo un po' della tensione allentarsi. "Forse hai ragione. Forse accettare questa possibilità è davvero la cosa giusta."
Elena annuì. "E se dovessi diventare una vampira, non dovresti lasciarmi. Magari ci vedremmo solo di notte, ma troveremmo un modo per farlo funzionare."
Sylvia sentì un'ondata di sollievo. "Grazie, Elena. Sapere che sei al mio fianco mi dà la forza di affrontare tutto questo."
Decisero di pranzare fuori e poi di passare il pomeriggio al Louvre, cercando di godersi la giornata al massimo. Uscirono dall'albergo e si diressero verso un ristorante accogliente nelle vicinanze.
Sedute al tavolo di un ristorante con vista sulla strada parigina, iniziarono a parlare di nuovo del futuro.
"Sylvia, hai mai pensato a come potrebbe essere la tua vita da vampira?" chiese Elena mentre osservava il menu.
"Non davvero," rispose Sylvia. "Ma immagino che ci sarebbero molte cose a cui abituarsi. Non vedere la luce del giorno, per esempio."
"Ma pensa anche ai lati positivi," suggerì Elena con un sorriso. "La forza, la velocità, la possibilità di vivere per sempre... potremmo esplorare il mondo insieme, notte dopo notte."
Sylvia ridacchiò. "Vero, ma dovrei anche evitare l'aglio e il sole. E cosa dire di bere sangue? Potrei mai abituarmi a qualcosa del genere?"
Elena fece spallucce. "Se i vampiri hanno accordi con persone consenzienti e fornitura da ospedali e macellerie, come hanno detto, forse non sarebbe così male. Pensa a questo: non saremmo più legate al tempo. Potremmo avere tutto il tempo del mondo."
Sylvia annuì pensierosa. "È un pensiero affascinante. Ma la mia sensibilità... come influisce su tutto questo? Come posso accettare una cosa del genere?"
"Non dobbiamo avere tutte le risposte adesso," disse Elena. "Dobbiamo solo fare un passo alla volta e affrontare le cose insieme."
Dopo il pranzo, si diressero verso il Louvre. La grandiosità del museo e le opere d'arte in esso contenute le affascinarono immediatamente.
"Sylvia, guarda questa statua," disse Elena, indicando una scultura classica. "Non ti sembra che racconti una storia?"
Sylvia annuì, osservando la statua con attenzione. "Sì, sembra piena di emozioni. È incredibile come l'arte possa catturare l'essenza umana."
Continuarono a esplorare le gallerie, perdendosi nelle storie raccontate dai dipinti e dalle sculture. Mentre passavano da una sala all'altra, la mente di Sylvia era divisa tra l'ammirazione per l'arte e le preoccupazioni per il suo futuro.
Ad un certo punto, mentre osservavano un quadro di Caravaggio, Sylvia sentì un'ondata di vertigine. Si aggrappò al braccio di Elena, cercando di mantenere l'equilibrio.
"Elena... mi sento strana," mormorò Sylvia.
Prima che Elena potesse reagire, Sylvia svenne, cadendo a terra. Subito si radunò una folla di turisti e guardiani del museo intorno a loro.
"Sylvia! Sylvia, svegliati!" gridò Elena, cercando di farle riprendere i sensi.
I guardiani del museo chiamarono un'ambulanza, ma prima che arrivasse, Sylvia iniziò a riprendersi. Aprì lentamente gli occhi, trovando Elena china su di lei con il viso preoccupato.
"Sto... sto bene," disse Sylvia con un filo di voce. "Solo un'altra vertigine."
Elena la aiutò a rialzarsi. "Forse è meglio se torniamo in albergo a riposarci. Questo posto è meraviglioso, ma hai bisogno di riposo."
Incontro con Isolde
La sera, decisero di fare una passeggiata lungo la Senna per rilassarsi. Le luci della città riflettevano sull'acqua, creando un'atmosfera magica.
"Sai," disse Sylvia, guardando il fiume, "questa città ha davvero qualcosa di speciale. Mi sento più tranquilla qui."
Elena le strinse la mano. "Anche io. E sono sicura che troveremo un modo per affrontare tutto questo insieme."
Mentre camminavano, videro una figura familiare avvicinarsi. Era Isolde, vestita con jeans, una maglietta e un giubbotto. Era bellissima e sembrava a suo agio tra i passanti.
"Buonasera," disse Isolde con un sorriso. "Posso fare due passi insieme a voi?"
Sylvia ed Elena si scambiarono uno sguardo e poi Sylvia rispose, "Certamente."
Isolde si unì a loro, camminando lungo la Senna, pronta a condividere ulteriori segreti e storie della sua lunga vita da vampira.
La notte era appena iniziata, e le risposte che cercavano sembravano finalmente a portata di mano.
Mentre camminavano lungo la Senna con Isolde, Sylvia iniziò a sentire una connessione profonda con la vampira. L'istinto del vampiro che stava crescendo in lei, combinato con la sua naturale sensibilità, creava un turbinio di vertigini. Tuttavia, non era una sensazione negativa. Al contrario, provava un senso di comunione con Isolde che le dava forza.
"Elena," disse Sylvia, stringendo la mano della sua compagna, "sento qualcosa di strano, ma non è una cosa negativa. Mi sento... connessa a Isolde in un modo che non riesco a spiegare."
Elena le guardò con un misto di curiosità e preoccupazione. "Davvero? Io non avverto nulla del genere. Ma se ti dà forza, allora va bene così."
Isolde sorrise, avendo ascoltato il loro dialogo. "È normale, Sylvia. La tua sensibilità e il tuo istinto di vampiro stanno lavorando insieme. È un buon segno."
Sylvia annuì, sentendosi rassicurata. "Non mi sento svenire, anzi. Questa connessione mi dà energia."
La Comunità dei Vampiri
Continuarono a camminare lungo la Senna, godendosi la vista delle luci che si riflettevano sull'acqua. Isolde iniziò a parlare della loro comunità.
"Sapete, la nostra comunità è sparsa per il mondo," spiegò Isolde. "A Londra c'è una grande comunità, ma proprio a Edimburgo ci sono i più anziani, quelli più specializzati nel comprendere e, se possibile, intervenire in situazioni come la tua, Sylvia. Troverete comprensione e amicizia lì."
Sylvia ed Elena ascoltarono attentamente. "Questo è rassicurante," disse Elena. "Sembra che avremo dei buoni alleati."
Isolde annuì e aggiunse. "Sì, vorrei che passaste ancora una volta da noi prima di tornare a Edimburgo, Victor potrebbe aiutarvi, ha tante amicizie in Gran Bretagna, vi darà una mappa con tutti i contatti britannici. Potrete fare il suo nome e sarete accolte ovunque."
Sylvia sorrise. "Grazie, Isolde. Questo è molto importante."
Mentre continuavano a parlare, Isolde espresse un sentimento di rammarico per come i vampiri erano dipinti nella storia umana.
"La storia degli umani ci dipinge spesso come mostri," disse con un sospiro. "Ma, come avete visto, ci sono eccezioni. Il vampiro che avete sconfitto era una di quelle eccezioni. Tuttavia, le eccezioni esistono in ogni comunità, anche tra gli umani... e forse è meglio non parlare di questo."
Sylvia ed Elena annuirono. "Capisco," disse Elena. "Ogni comunità ha le sue pecore nere."
Dopo un po', Isolde le salutò, continuando la sua passeggiata pacifica lungo la Senna. Sylvia ed Elena tornarono verso l'albergo, riflettendo su tutto quello che avevano appreso.
Arrivate in camera, sentirono la pesantezza della giornata e decisero di rilassarsi con un bicchiere di vino.
"Sai, Elena," disse Sylvia, versando il vino nei bicchieri, "questa connessione con i vampiri... mi fa sentire meno sola in tutto questo."
Elena sorrise e prese un sorso del vino. Sylvia si avvicinò a Elena e iniziò a carezzarla dolcemente, baciandola su tutto il corpo. "Ti amo," sussurrò. Elena rispose "Anche io ti amo, Sylvia."
Sylvia e Elena stettero in giro per Parigi anche tutta la giornata seguente, pranzarono e cenarono fuori e la sera vollero ancora fare una passeggiata nella Senna sperando di incontrare di nuovo Isolde o qualcun altro.
Mentre le due camminavano lungo la Senna, Sylvia improvvisamente sentì un gelo attraversarle il corpo. Era una sensazione indefinibile, molto simile a quella connessione che aveva provato con Isolde. Si voltò istintivamente e vide un giovane che le sorrideva.
Sylvia tentò di ricambiare il sorriso, ma poi si voltò verso Elena. "Elena, li sento. Li vedo ovunque. Vivono in mezzo a noi. Forse il germe sta crescendo..."
Continuando a camminare lungo la Senna, Sylvia avvertì la presenza di almeno tre donne e un uomo. Tutti si riconoscevano fra loro, e Sylvia li riconosceva. Erano per lo più tranquilli, indistinguibili agli occhi degli umani se non per i loro occhi, il portamento e una classe innata. Erano... qualcosa di più.
"Elena, li riconosco tutti," sussurrò Sylvia.
Elena la guardò con preoccupazione. "Vuoi tornare a casa?"
Sylvia annuì. "Sì, per favore. Ho bisogno di parlare di tutto questo."
Entrate in casa, Sylvia ed Elena si spogliarono, restando solo con i perizomi. L'atmosfera era rilassata, ma carica di emozioni e domande.
Sylvia si sedette sul divano, guardando Elena con un'espressione pensierosa. "Elena, io davvero svengo alla vista del sangue. Come posso diventare una vampira?"
Elena sorrise e rispose con una battuta, cercando di alleggerire il momento. "Chissà, forse il tuo essere o meno vampira si giocherà proprio lì. Se, quando il desiderio di sangue sarà irresistibile, tu svieni... difficilmente il tuo karma ti porterà a trasformarti in vampira." Fece una pausa, poi aggiunse ridendo: "Vuoi che provo a tagliarmi per vedere l'effetto?"
Sylvia rise, scuotendo la testa. "No, no grazie!"
Mise un po' di musica, e l'atmosfera si fece più rilassata e intima. Elena, tutto sommato, era eccitata all'idea di avere per amante una vampira. Glielo disse, scherzando ma con un fondo di verità.
"Immagina, Sylvia, io fidanzata di una vampira... è un po' eccitante, non credi?" disse Elena, occhi brillanti di malizia.
Sylvia stette al gioco, finse di morderla sul collo, e Elena si lasciò completamente andare, godendosi quel momento di gioco e passione.
Fu una notte intensa, piena di amore e passione, nonostante tutte le preoccupazioni e le incertezze. Sylvia si sentiva viva, anche se in bilico tra due mondi.
La mattina, Sylvia si alzò prima e preparò il caffè. L'aroma riempì la stanza, e presto Elena la raggiunse in cucina.
"Buongiorno," disse Sylvia, porgendo una tazza a Elena.
"Buongiorno," rispose Elena, prendendo il caffè. "Come ti senti oggi?"
Sylvia sospirò, ma sorrise. "Un po' confusa, ma felice. Ieri notte è stata... speciale."
Elena annuì. "Sì, lo è stata. E oggi? Cosa pensi di fare?"
"Pensavo di pranzare fuori," rispose Sylvia. "Aspettiamo l'ultima notte a Parigi. Chissà cosa ci riserverà."
Si vestirono e uscirono, scegliendo un piccolo ristorante lungo la Senna. L'atmosfera era rilassata e accogliente, perfetta per un pranzo tranquillo prima di affrontare la notte.
Sedute al tavolo, ordinarono il vino. Sylvia guardò Elena e sorrise. "Sono contenta che siamo qui insieme, nonostante tutto."
Elena le prese la mano. "Anche io, Sylvia. Non importa cosa accadrà, lo affronteremo insieme."
Il cameriere arrivò con il vino, versandolo nei bicchieri. Le due donne brindarono, sentendo il calore del vino e della compagnia.
"Alla nostra ultima notte a Parigi," disse Sylvia, alzando il bicchiere.
"Alla nostra ultima notte a Parigi," rispose Elena, brindando.
Il pomeriggio in realtà altro non era che l'attesa dell'incontro con i vampiri a mezzanotte. Certo, si trovavano a Parigi, ma la posta in gioco era davvero grande. Decisero di camminare al Père Lachaise, forse Sylvia sperava di trovare qualche risposta tra i defunti.
Camminarono tra le tombe, Sylvia ne vide diversi ma non abbastanza forti da impensierirla. Non lo disse nemmeno a Elena, ma parlavano comunque.
"Ti sembra di sentire qualcosa?" chiese Elena, cercando di capire se il germe stesse progredendo.
Sylvia esitò, poi annuì lentamente. "Sì, lo sento andare avanti. È come un desiderio di qualcosa che non è cibo umano. E riconosco i miei... quasi simili."
Verso le 23:30, si trovarono a bere un bicchiere di vino in un bar vicino a Montmartre. Vestite in modo semplice, senza divise, cercavano di mantenere un'apparenza di normalità.
Sylvia si girò verso Elena, il volto pallido di paura. "Ho una paura folle, Elena. E se svengo di nuovo?"
Si alzarono dal tavolo e si diressero verso il cimitero. Entrarono al Père Lachaise, i loro passi risonanti nel silenzio della notte. Si avvicinarono alla cripta dove sapevano che avrebbero incontrato i vampiri.
L’Ultimo Incontro con i Vampiri di Parigi
Lucien le venne incontro, la sua figura alta e imponente avvolta nell'oscurità. Le guidò all'interno della cripta, dove altri quattro vampiri le aspettavano.
Victor e Isolde erano lì, insieme ad altri due vampiri, un uomo e una donna decisamente più giovani nell'aspetto. Sylvia non svenne, ma era molto pallida.
Victor le salutò con un cenno del capo. "Benvenute, Sylvia ed Elena. Questi sono Alexandre e Margot," disse, presentando i giovani vampiri.
Sylvia avvertiva decisamente la vicinanza dei vampiri, molto di più della volta precedente. Era come se ogni fibra del suo essere vibrasse in sintonia con la loro presenza. La sua sensibilità aumentata rendeva ogni istante un turbinio di emozioni contrastanti.
Victor fece un passo avanti, il suo sguardo penetrante si posò su Sylvia. "Isolde mi ha informato del tuo progresso, Sylvia," iniziò. "La tua sensibilità aumentata evidenzia un tuo desiderio inconscio di essere trasformata."
Sylvia deglutì, sentendo il peso delle sue parole. Elena le strinse la mano, il suo sostegno silenzioso ma costante.
Victor indicò i due giovani vampiri. "Questi sono Alexandre e Margot," disse. "Ricordate, i vampiri non trasformano mai un essere umano a meno che non sia l'essere umano a chiederlo. E anche allora, ci sono prove molto complesse per determinare il reale desiderio di essere trasformato."
Alexandre fece un passo avanti. "Io sono Alexandre. La mia trasformazione è stata una scelta consapevole. Desideravo una vita diversa, una vita eterna. Il morso... è stato doloroso, ma liberatorio. Dopo aver bevuto il sangue, ho sentito una forza incredibile, una connessione profonda con il mondo che mi circondava."
Elena chiese ad Alexandre. "Alexandre, cosa ti ha spinto a desiderare una vita eterna? Non hai avuto paura di perdere la tua umanità?"
Alexandre annuì. "Sì, la paura c'era, ma il desiderio di qualcosa di più grande, di una vita senza limiti temporali, ha superato quella paura. Non ho mai rimpianto la mia scelta."
Margot si avvicinò, il suo volto rifletteva una malinconia che colpì Sylvia. "Io sono Margot. La mia trasformazione è stata diversa. Avevo perso tutto, la mia famiglia, i miei amici. Ero sola. La vita eterna mi sembrava un modo per sfuggire al dolore."
Elena guardò Margot con compassione. "Margot, hai trovato la pace che cercavi?"
Margot esitò. "In parte. La vita eterna ti dà tempo, ma il dolore del passato non scompare. Si impara a conviverci, a trovare nuovi scopi."
Sylvia si sentiva travolta dalle emozioni. La storia di Margot risuonava profondamente in lei. "Margot, sei felice di essere stata trasformata?" chiese con un filo di voce.
Margot la guardò intensamente. "La felicità è complessa. Ho trovato una nuova famiglia tra i vampiri, ho trovato comprensione e supporto. Ma ci sono momenti in cui mi chiedo se ho fatto la scelta giusta."
Mentre Margot parlava, Sylvia sentì la stanza girare. Le emozioni, la tensione, tutto divenne troppo. Le gambe le cedettero sotto e svenne, scivolando tra le braccia di Elena.
"Silvia!" esclamò Elena, cercando di tenerla ferma. Victor e gli altri vampiri si avvicinarono rapidamente.
"Portiamola qui," disse Victor, indicando una panca nelle vicinanze.
Mentre la sistemavano, Isolde si chinò su Sylvia, controllando il suo polso. "Sta bene. Solo troppa emozione tutta insieme."
Elena si sedette accanto a Sylvia, stringendole la mano. "Svegliati amore," sussurrò, mentre i vampiri osservavano silenziosi, comprendendo il tumulto interiore di Sylvia.
Sylvia molto lentamente si riprese. Aprì gli occhi e vide il volto preoccupato di Elena che le teneva la mano. "Sylvia, come ti senti?" chiese Elena con voce dolce ma preoccupata.
Sylvia si mise a sedere con difficoltà, appoggiandosi alla mano di Elena. "Victor," iniziò, la sua voce ancora debole, "ci sono stati vampiri che si sono pentiti della loro scelta?"
Victor annuì gravemente. "Sì, Sylvia. Ce ne sono stati molti, sia giovani che anziani. Alcuni hanno trovato la vita eterna troppo pesante da sopportare e hanno scelto di bruciarsi al sole."
Sylvia gemette, rischiando un altro mancamento. Elena strinse la mano di Sylvia più forte, cercando di infonderle forza. Margot la guardava con compassione, come a comunicare silenziosamente a Sylvia di non prendere quella strada se era ancora in suo potere evitarlo. Alexandre, invece, sembrava avere un'espressione diversa, ma entrambi volevano il meglio per lei.
Victor prese una mappa e la consegnò a Elena. "Questa è una mappa con tutti i cimiteri britannici dove esiste la nostra comunità," spiegò. "A Londra, il cimitero di Highgate nella sua parte vecchia è un punto di riferimento. Cerca di contattare Lord Harrington lì. A Edimburgo, dai Covenanters, c'è una piccola comunità di anziani, i più saggi del Regno Unito. Troverai Sir Alistair McGregor."
Victor aggiunse, "Siamo una famiglia. È sufficiente che tu faccia il mio nome, Victor di Parigi, e sarai accolta come una di noi, e questo vale anche per te, Elena."
Elena prese la mappa e ringraziò Victor. Sylvia era visibilmente scossa.
La Prova del Sangue
Victor guardò Elena, chiedendo silenziosamente il permesso di fare una prova. Elena annuì, e Victor comunicò mentalmente a Margot di procedere. Margot prese un calice pieno di sangue e lo porse a Sylvia.
Sylvia fu colta da mille sensazioni contrastanti. Quel calice era irresistibile, ma i suoi sensi erano in conflitto. Il desiderio di berlo era al massimo, ma non riusciva a farlo. Avvicinò il bicchiere alle labbra, ma non riuscì a toccarlo. Crollò a terra svenuta.
Victor e gli altri vampiri si avvicinarono a Elena. "Questo significa che all'interno di lei c'è ancora un grosso conflitto," spiegò Victor. "Stalle vicino e non forzarla né dall'una né dall'altra parte. Il tuo ruolo è essenziale perché Sylvia possa fare nel suo inconscio la scelta giusta."
Preferirono andarsene mentre Sylvia era ancora svenuta. Solo Isolde si fermò per aiutare Elena a portare Sylvia fuori dalla cripta. Prima di andare via, Isolde ricordò a Elena che le comunità britanniche erano sorelle e fratelli e le avrebbero trattate esattamente come a Parigi. Abbracciò Elena e mandò un bacio a Sylvia ancora svenuta, poi scomparve.
Sylvia si svegliò, confusa. "Dove sono? Cosa è successo?" chiese, la voce tremante. Elena, visibilmente scossa anche lei, le rispose con voce calma. "Ti dirò tutto a casa, amore. Ora riposati."
Con un ultimo sguardo alla cripta, le due donne si avviarono verso casa, consapevoli che la strada davanti a loro era ancora lunga e piena di sfide, ma anche di speranze.
Arrivate in albergo, Elena e Sylvia erano esauste. Avevano ancora davanti a loro una lunga notte di riflessioni e domande. Sapevano che il giorno dopo avrebbero preso l'aereo per Londra in tarda mattinata, ma era comunque importante riposare.
Una volta nella loro stanza, si sedettero sul letto, Elena accanto a Sylvia, pronta a raccontarle tutto ciò che era successo mentre lei era priva di sensi.
"Margot stava finendo di raccontare la sua trasformazione," iniziò Elena, "e poi tu sei svenuta la prima volta. Dopo di ciò, Victor ci ha parlato delle persone che si erano pentite e si erano bruciate al sole."
Sylvia annuì. "Sì, quello l’ho sentito, ha detto che non vi erano solo giovani ma anche tanti anziani."
"Sì," confermò Elena. "Anche tra i più anziani. È stato davvero straziante sentirlo."
Sylvia, ancora scossa, aveva molte domande. "Elena, come possiamo sapere se sto facendo la scelta giusta? E se mi trasformassi e poi me ne pentissi?"
Elena le prese le mani. "Sylvia, non possiamo sapere tutto con certezza. Ma dobbiamo fidarci dei nostri sentimenti e di quello che ci sembra giusto al momento. Non possiamo fare previsioni perfette."
"Margot sembrava così malinconica," rifletté Sylvia. "Cosa pensi che significhi?"
"Forse," rispose Elena, "significa che anche tra i vampiri c'è una gamma di emozioni. Non tutti vivono la loro eternità allo stesso modo."
Discussero a lungo, riflettendo su quanto avevano appreso. Sylvia era colpita dalla compassione di Margot e dalla determinazione di Alexandre. "Margot mi guardava come se volesse dirmi di non farlo. Ma Alexandre sembrava quasi incoraggiarmi."
"Forse entrambi volevano il meglio per te," disse Elena. "Ma alla fine, la decisione è solo tua."
Sylvia sospirò. "Non riesco a smettere di pensare al calice di sangue. Era così... irresistibile."
Elena sorrise debolmente. "Ma non l'hai bevuto. Hai resistito, Sylvia. Questo significa che c'è ancora un grosso conflitto dentro di te."
Elena continuò a raccontare. "Quando sei svenuta la seconda volta, Victor mi ha dato una mappa con i contatti delle comunità vampiriche in Gran Bretagna. Ha detto che dovremo solo fare il suo nome per essere accolte."
Sylvia annuì lentamente. "E Isolde? Mi hai detto che mi ha mandato un bacio."
"Sì," confermò Elena. "Isolde è stata molto gentile. Mi ha aiutato a portarti fuori dalla cripta e ha detto che le comunità britanniche ci tratteranno come sorelle e fratelli."
Dopo una lunga discussione, erano entrambe esauste. "Andiamo a dormire, Sylvia," disse Elena dolcemente. "Abbiamo bisogno di riposarci per domani."
Si spostarono sotto le coperte, stringendosi l'una all'altra per conforto. La notte era silenziosa, ma entrambe sapevano che le decisioni che avrebbero preso nei giorni successivi avrebbero cambiato le loro vite per sempre.
Il Ritorno a Casa: Edimburgo
L'aeroporto di Parigi era affollato come sempre, ma Elena e Sylvia erano perse nei loro pensieri mentre aspettavano di imbarcarsi sul volo per Londra. Quando finalmente si sistemarono nei loro posti, Sylvia guardò fuori dal finestrino, osservando la città che lentamente si allontanava.
"Parigi è stata... intensa," disse Sylvia, rompendo il silenzio.
"Sì, lo è stata," rispose Elena, sorridendo. "Ma abbiamo imparato molto."
Il volo fu tranquillo, e mentre l'aereo sorvolava il Canale della Manica, Sylvia e Elena si rilassarono un po'.
"Elena, ho ancora così tante domande," disse Sylvia, appoggiandosi alla spalla della sua compagna.
"Lo so, Sylvia. Ma avremo il tempo per trovare tutte le risposte. Una cosa alla volta," la rassicurò Elena.
Atterrarono a Londra senza intoppi e, una volta recuperati i bagagli, salirono su un taxi diretto alla stazione di King's Cross per prendere il treno per Edimburgo. Durante il tragitto in taxi, la città scorreva veloce fuori dai finestrini, ma Elena e Sylvia erano immerse nei loro pensieri.
Il treno lasciò la stazione di King's Cross in orario, e presto si ritrovarono a viaggiare attraverso la campagna inglese.
"Non vedo l'ora di tornare a casa," disse Sylvia. "Sarà bello essere di nuovo in un posto familiare."
Elena annuì. "Anche io. Ma sai, abbiamo ancora molto da affrontare."
Finalmente, il treno si fermò alla stazione di Waverley, e dopo un breve tragitto in taxi, arrivarono alla casa di Sylvia. Entrarono dentro, esauste ma sollevate di essere di nuovo a casa.
Una volta dentro, si buttarono sul divano, ridendo di sollievo.
"Mi sento come se avessimo vissuto un'intera vita in questi pochi giorni," disse Sylvia, sorridendo.
"Sì, è stato davvero intenso," rispose Elena, allungando un braccio intorno a Sylvia.
Elena non poté trattenersi dal fare una battuta. "Sai, Sylvia, una vampira che sviene alla vista del sangue... non si è mai sentita una cosa del genere."
Sylvia rise. "Hai ragione, è piuttosto ironico. Ma sai cosa? Forse significa che non sono destinata a essere una vampira."
"Forse," disse Elena, ridendo. "Ma almeno ora sappiamo dove trovare aiuto, se ne avremo bisogno."
Sylvia si fece più seria. "Sai, Elena, i Covenanters sono praticamente attaccati alla tomba di George Mackenzie. Credo che George sappia qualcosa che potrebbe aiutarci."
Elena annuì. "Allora dovremo visitarlo. Potrebbe avere delle risposte per noi."
Mentre Sylvia ed Elena si preparavano per la serata, discutevano su cosa fare. La prima tappa sarebbe stata visitare George Mackenzie, il vecchio amico fantasma di Sylvia che aveva il suo mausoleo proprio vicino alle catacombe dei Covenanters.
"Sì, dobbiamo andare a salutare George e vedere se ha rapporti con i vampiri di Edimburgo," disse Sylvia, sistemando i capelli davanti allo specchio.
Elena, mentre si infilava una giacca leggera, rifletté ad alta voce. "Quando penso ai vampiri di Edimburgo, mi viene in mente che non sono molti giorni che abbiamo scoperto questa realtà. Ricordi l'agente speciale Harper? Prima pensavo che queste cose fossero solo per adolescenti rimbambiti, ma ora... dobbiamo concentrarci sui vampiri di Edimburgo."
Sylvia annuì. "Sì, è incredibile come le cose siano cambiate così in fretta."
Elena si voltò verso Sylvia con un sorriso malizioso. "A proposito, forse la prova del sangue non è poi così una stupidaggine. Abbiamo scherzato, ma è davvero un indicatore inequivocabile. Potremmo tenere un calice pieno di sangue e vedere una volta al giorno che effetto ti fa."
Sylvia rise. "Tutto questo perché ti piace vedermi svenuta, vero? Devo farlo anche in perizoma, immagino?"
Elena rise e rispose di sì, scherzando. "Assolutamente, è un requisito fondamentale."
Entrambe sapevano, però, che poteva essere un modo serio per monitorare l'evoluzione della situazione di Sylvia. Decisero di discuterne più a fondo al ristorante quella sera.
George Mackenzie, lo Spettro
Prima di uscire, Sylvia decise di fare una rapida visita a George Mackenzie mentre Elena restava in albergo a sistemare alcune cose.
Arrivata al mausoleo di George, Sylvia lo trovò immerso nei suoi pensieri, come sempre. "Buonasera, George," salutò Sylvia.
George si girò e le sorrise. "Sylvia, che piacere vederti. Mi congratulo per la risoluzione del caso del vampiro del castello."
Sylvia ricambiò il sorriso, ma il suo viso si fece serio. "Grazie, George. Ma devo dirti che quel caso ha avuto delle conseguenze decisamente importanti."
George sollevò un sopracciglio, incuriosito. "Conseguenze? Di che tipo?"
Sylvia sospirò. "Ho scoperto cose che non avrei mai immaginato... e ora la mia vita è cambiata per sempre."
George la guardò con comprensione. "Sai che puoi sempre contare su di me, Sylvia. Qualsiasi cosa tu abbia scoperto, sono qui per aiutarti."
Con queste parole di incoraggiamento, Sylvia si sentì un po' più sollevata. Salutò George e tornò all'albergo, dove Elena l'aspettava con impazienza. Si scambiarono un abbraccio e, tenendosi per mano, si avviarono verso il ristorante per continuare la loro discussione e pianificare i prossimi passi.
Mentre camminavano per le strade di Edimburgo, Sylvia rifletté su quanto fosse cambiata la sua vita in così poco tempo. E quella sera, mentre sedevano al ristorante con un bicchiere di vino, discussero seriamente della prova del sangue e delle implicazioni future, ridendo e scherzando tra una riflessione e l'altra. Alla fine, Sylvia guardò Elena e disse: "Sono stata da Mackenzie ma non gli ho chiesto niente dei vampiri, non me la sono sentita, avrei sicuramente dovuto raccontargli di Valerian. Ma sono certa che George sa qualcosa." Elena annuì. "Domani torneremo da lui e vedremo cosa scopriamo. Ma per stasera, cerchiamo di rilassarci un po'."
Con queste parole, finirono di cenare, pronte per affrontare la notte e tutto ciò che il futuro avrebbe portato.
Il giorno dopo Sylvia ed Elena decisero di tornare insieme a visitare la tomba di George Mackenzie. Nonostante Elena non potesse né vedere né sentire George, voleva essere lì con Sylvia e ascoltare in differita la conversazione.
Arrivati alla tomba, Sylvia si fermò e chiamò George. Dopo pochi istanti, l'ombra di George apparve, eterea e silenziosa. Sylvia iniziò a parlare.
"Buonasera, George," disse Sylvia. "Ti voglio raccontare quello che nessuno sa e che ieri non ti ho raccontato della nostra missione a Parigi."
George sorrise, la sua figura spettrale emanava un'aura di tranquillità. "Certamente, Sylvia. Qualcosa so, i giornali hanno parlato molto di te e Elena, avete fatto un lavoro eccezionale."
Sylvia annuì, ma il suo viso divenne serio. "Grazie, George. Ma c'è qualcosa che i giornali non hanno detto... Il vampiro mi ha morsa, e ora il suo germe è dentro di me."
George sembrò riflettere per un momento. "Capisco. È una situazione difficile." Poi George anticipò la richiesta che era nelle intenzioni di Sylvia. "Conosco i vampiri che vivono nel cimitero dei Covenanters. Sono anziani e saggi. Se vuoi, posso accompagnarti da loro."
Sylvia guardò Elena e ripeté tutto ciò che George aveva detto. Elena annuì, visibilmente preoccupata ma anche curiosa. "Sì, vogliamo incontrarli. Questa sera, puoi parlare con loro per noi, George?"
George annuì. "Certamente. Andrò a parlare con loro questa sera. Ci incontreremo qui dopo la mezzanotte, e poi vi accompagnerò da loro."
Con questo accordo, Sylvia ed Elena si allontanarono dalla tomba di George e si avviarono verso un ristorante tranquillo per la cena. Mentre camminavano, Sylvia raccontò a Elena ogni dettaglio della conversazione con George. "È incredibile, vero? George conosce davvero i vampiri del cimitero dei Covenanters," disse Sylvia.
Elena annuì. "Sì, è una notizia rassicurante. Almeno sappiamo che abbiamo qualcuno che può aiutarci."
Sylvia sospirò. "Mi chiedo come saranno. George ha detto che sono anziani e saggi. Spero possano darmi qualche consiglio su cosa fare con questo germe dentro di me."
Arrivate al ristorante, si accomodarono a un tavolo in un angolo tranquillo. Un cameriere si avvicinò con un sorriso, portando il vino e i menu. "Buonasera, signore. Posso portarvi un po' di vino per iniziare?"
Sylvia annuì. "Sì, grazie. Portaci una bottiglia del tuo miglior rosso."
Il cameriere versò il vino nei bicchieri e lasciò i menu sul tavolo. Sylvia ed Elena brindarono, consapevoli che la notte successiva sarebbe stata decisiva.
"Sai, Elena," disse Sylvia, sollevando il bicchiere. "Nonostante tutto, sono felice di averti accanto in questa situazione." Elena sorrise. "E io sono felice di essere qui con te, Sylvia."
Dopo un brindisi iniziale, Sylvia cercò un argomento positivo per iniziare la conversazione.
"Non riesco ancora a credere quanto ci hanno pagato per il caso del castello di Parigi," disse Sylvia, sorridendo. "È stata una vera fortuna."
Elena annuì, alzando il bicchiere. "Sì, è stata una vittoria incredibile. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, e la parcella è stata più che generosa. Brindiamo a questo."
Dopo aver brindato, Sylvia appoggiò il bicchiere e si avvicinò al tema che le stava più a cuore. "Elena, ho pensato molto alla questione del calice di sangue. Potrebbe essere davvero un indicatore importante per capire come sta evolvendo la mia situazione."
Elena inclinò la testa, osservando Sylvia attentamente. "Hai ragione. Anche se ci abbiamo scherzato sopra, penso davvero che potrebbe aiutarci a monitorare i tuoi progressi. Ma devi essere pronta per qualsiasi risultato."
Sylvia sorrise leggermente. "Sicura che non sia solo perché vuoi vedermi svenuta? Magari in perizoma, come abbiamo detto prima?"
Elena rise. "Beh, non nego che ci potrebbe essere un certo... diletto nel vederti svenire, ma è soprattutto per capire cosa sta succedendo dentro di te."
La risata condivisa allentò un po' la tensione, ma subito dopo tornarono seri, analizzando le possibilità.
"Se riesco a bere il sangue senza svenire," rifletté Sylvia, "significa che il germe sta prendendo piede, giusto? Ma se continuo a svenire, forse c'è ancora speranza che io non mi trasformi."
Elena annuì. "Esattamente. Ma dobbiamo essere pronti a qualsiasi esito. Se ti trasformerai, dovremo adattarci a quella realtà. Se non ti trasformerai, dovremo capire come tenere sotto controllo il germe."
Sylvia sospirò, guardando il vino nel suo bicchiere. "E se non riesco a bere il sangue, cosa significa per noi? Potrei rimanere bloccata in questo limbo per sempre."
Elena prese la mano di Sylvia. "Troveremo una soluzione insieme. E ricorda, abbiamo il supporto delle comunità di vampiri. Victor, Isolde... tutti loro ci hanno offerto il loro aiuto."
Sylvia annuì, trovando conforto nelle parole di Elena. "Hai ragione. E poi, ci sono ancora i Covenanters. George ci accompagnerà da loro. Magari potranno darci qualche consiglio utile."
Elena sorrise. "Sì, e dobbiamo affrontare tutto questo un passo alla volta. Stasera ci rilassiamo e cerchiamo di non pensarci troppo. Domani vedremo cosa succede."
Continuarono a discutere delle loro opzioni, analizzando pro e contro, riflettendo su cosa significava per Sylvia e per la loro relazione. Ogni tanto, una battuta spiritosa rompeva la serietà della conversazione, rendendo l'atmosfera più leggera.
"Dopotutto," disse Sylvia ridendo, "potrei diventare la prima vampira che sviene alla vista del sangue. Sarebbe un record, no?"
Elena rise con lei. "Sì, e avresti sempre qualcuno pronto a prendersi cura di te."
Mentre stavano finendo la seconda portata, Sylvia si girò improvvisamente alla sua destra, sorridendo e mettendosi le mani nei capelli. "Ma cosa ci fai tu qui?" disse con sorpresa.
Elena la guardava allibita, ormai non pensava più che Sylvia fosse pazza. Sicuramente c'era qualcosa di strano. Sylvia si girò verso Elena e sussurrò: "È qui! George è qui, proprio alla tua sinistra."
Elena guardò nella direzione indicata, sapendo che non avrebbe visto e sentito nulla. George era seduto senza sedia, solo mimando di essere seduto alla destra di Sylvia, con un sorriso contagioso.
"Sono qua perché devo dirvi una cosa importante, altrimenti non vi avrei mai disturbato," disse George.
Sylvia ripeté le parole di George a Elena. "George è stato dai suoi amici, gli antichi, come li chiama lui, e ci aspettano stasera a mezzanotte. Se passiamo prima da lui, ci accompagna."
Elena annuì, ovviamente d'accordo. Sylvia comunicò a George che alle 23:45 sarebbero state da lui per andare insieme al cimitero dei Covenanters dagli antichi.
Poi Sylvia e George cominciarono a parlare di cose più leggere, scherzando e prendendosi in giro. Ogni tanto Sylvia riferiva a Elena quello che si stavano dicendo, creando un'atmosfera di complicità e leggerezza.
"Sai, George, questa faccenda del calice di sangue è davvero un casino," disse Sylvia con una risata nervosa.
George sorrise, la sua figura eterea sembrava quasi vibrante. "Immagino che lo sia. Ma è un buon modo per capire cosa sta succedendo dentro di te. E comunque, ti fa compagnia," disse facendo l’occhiolino.
Sylvia ripeté la battuta a Elena che rise. "Vedi, anche lui pensa che non sia una cattiva idea. E che mi fa compagnia!"
Elena sorrideva. "Sì, magari potrebbe diventare una nuova routine quotidiana. Come prendere un caffè al mattino, solo un po' più... macabro."
Risero tutti e tre, nonostante solo due potessero sentire davvero le risate.
George tornò serio per un momento. "Sylvia, è importante che tu sappia che gli antichi non giudicano. Vogliono solo aiutarti a capire cosa vuoi davvero. E tu, Elena, sei una parte essenziale di questo processo."
Sylvia trasmise il messaggio a Elena che annuì con comprensione. "Ci sarò sempre per te, Sylvia. In qualsiasi modo tu decida di affrontare questo."
"Lo so, Elena. E ti sono grata per questo," rispose Sylvia con un sorriso.
Continuarono a chiacchierare e scherzare, Sylvia e George, con Elena che ascoltava attentamente ogni parola che Sylvia ripeteva. Era una strana compagnia, ma c'era un senso di tranquillità in quella situazione insolita.
Infine, George si alzò, la sua figura diventava sempre più trasparente. "Bene, vi lascio finire la vostra cena. Ci vediamo alle 23:45."
"Ci vediamo, George," disse Sylvia, mentre la figura svaniva.
Elena guardò Sylvia con affetto. "Bene, ora sappiamo cosa fare stasera. Ma per ora, godiamoci il nostro vino e il resto della cena."
Elena, ironizzando su se stessa, pensava: "Ecco agente Harper, adesso sei a cena con uno spettro e una vampira... tutto ok!" Sorrise da sola al pensiero, attirando l'attenzione di Sylvia.
"Perché ridi?" chiese Sylvia, curiosa.
"Niente, niente, tutto ok!" rispose Elena, cercando di trattenere una risata.
Continuarono a discutere sulla serata con gli antichi. Sylvia cercava di mostrarsi tranquilla, ma la paura di svenire era evidente. Elena, notando la tensione dell'amica, cercava di rassicurarla. "Non è niente di grave, Sylvia. Sicuramente George ha avvisato gli antichi del tuo stato."
"Lo spero," rispose Sylvia, giocando con il bicchiere. "Ma la paura è comunque lì. Ho i sali pronti, ma non so se basteranno."
Elena le sorrise. "Vedrai che andrà tutto bene."
Discussero a lungo del calice di sangue, cercando di analizzare tutte le possibilità. "Forse dovremmo davvero provare a fare questa cosa del calice una volta al giorno," disse Sylvia, cercando di essere seria ma con una punta di ironia. "Sicura che non vuoi vedermi svenire solo per divertimento?"
Elena rispose ridendo. "Beh, unire l'utile al dilettevole non è mai una cattiva idea!" Brindarono e continuarono a scherzare, nonostante la serietà del tema.
Arrivarono al caffè e presero anche un torbato scozzese. Erano le 23:30, l'ora giusta per passare da George. Elena e Sylvia si prepararono per la serata, consapevoli di quanto fosse importante il momento che stavano per affrontare.
"Pronta?" chiese Elena, guardando Sylvia negli occhi.
Sylvia annuì, anche se la sua pallidezza la faceva sembrare lei stessa uno spettro. "Sì, pronta."
Uscirono dal ristorante e si incamminarono verso il cimitero dei Covenanters, accompagnate da George. La notte era fredda e silenziosa, il cielo coperto di nuvole che nascondevano le stelle. Mentre si avvicinavano al cimitero, Sylvia sentiva il cuore battere più forte, la paura mescolata all'anticipazione.