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Sylvia Blake: l'Eredità del Sangue

Cap. 3: I Vampiri di Edimburgo

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Entrarono nel cimitero, le ombre danzavano intorno a loro sotto la luce fioca dei lampioni. Sylvia era talmente pallida che sembrava lei lo spettro. George le guidava con sicurezza, mentre Elena le teneva stretta la mano.

"Siamo quasi arrivati," disse George, la sua voce rassicurante.

Sylvia cercava di respirare profondamente, cercando di calmare il battito accelerato del cuore. Elena le sussurrò parole di conforto, cercando di infonderle coraggio.

Elena e Sylvia si ritrovarono di fronte a cinque vampiri dall'aspetto molto giovanile, non più di trent'anni, estremamente belli e affascinanti. Avevano lunghi capelli e indossavano abiti che emanavano un'eleganza vampiresca. I due maschi e le tre femmine sembravano tutto meno che antichi.

 

Sir Alistair McGregor

Quello più carismatico tra loro salutò George e si presentò: "Sono Sir Alistair McGregor" fece un elegante inchino. Poi presentò gli altri quattro: "Questa è Lady Evelyne, Lord Duncan, Lady Morgana e Lady Isobel." George presentò Sylvia ed Elena. Elena prese la parola, poiché Sylvia sembrava assente.

"Ci manda Victor da Parigi," disse Elena. "Ha detto che qui ci sono suoi amici."

McGregor sorrise, notando l'espressione sorpresa di chi si aspettava di vedere degli anziani con la barba bianca. "Per noi il tempo è del tutto ininfluente," spiegò. "Il tempo non esiste nel modo in cui lo percepite voi umani." Poi rivelò l'età di tutti loro, sorprendentemente erano molto più anziani di Victor, Lucien e Isolde. Sir Alistair aveva 700 anni, Lady Evelyne 650, Lord Duncan 600, Lady Morgana 550 e Lady Isobel 500.

McGregor le invitò a seguirli. George salutò e si eclissò nell'ombra. Entrarono in un cunicolo con tombe dei Covenanters su entrambi i lati, scendendo fino a una cripta molto particolare. La cripta era spaziosa, con antiche torce che illuminavano le pareti di pietra, decorate con intricati bassorilievi raffiguranti scene storiche e mitologiche. Al centro, un grande altare di marmo nero con candelabri d'argento che proiettavano una luce soffusa e misteriosa.

Iniziarono un lungo dialogo tra tutti i vampiri ed Elena, che faceva domande mentre Sylvia, lentamente, stava perdendo conoscenza.

"Qual è il vostro scopo qui?" chiese Elena.

"Siamo qui per guidare e proteggere," rispose Lady Evelyne. "Abbiamo visto molte ere passare e comprendiamo il peso dell'immortalità."

"Victor ha parlato del conflitto interiore di Sylvia," aggiunse McGregor. "Questo calice di sangue ci aiuterà a comprendere meglio il suo stato."

Sylvia si riprese lentamente mentre McGregor le offriva un calice di sangue. All'inizio, fu irresistibilmente attratta, come se nulla altro importasse. Ma quando avvicinò il calice alle labbra e vide il sangue, crollò svenuta.

McGregor trasse le stesse conclusioni di Victor. "C'è ancora un grosso conflitto dentro di lei," disse, consegnando un piccolo bottiglino con del sangue a Elena. "Fate questa prova una volta al giorno e osservate come reagisce Sylvia."

Elena, insieme a Lady Isobel, raccolse Sylvia e la portarono fuori dal cimitero dei Covenanters.

"Sylvia," sussurrò Elena, cercando di rianimare l'amica. "Tutto ok, sei al sicuro."

Pian piano, Sylvia aprì gli occhi, confusa ma confortata dalla presenza di Elena accanto a lei.

Camminarono verso casa sotto la luce soffusa dei lampioni, con Sylvia che spiegava l'intensa esperienza appena vissuta. "Quando me li sono trovati davanti, l'energia che emanavano era potentissima. Mi chiedo come abbia fatto a non svenire subito," disse Sylvia, ancora visibilmente scossa. "Camminando tra quelle tombe era insopportabile. Sentivo le grida di dolore dei Covenanters e davanti a me quei vampiri... Non so davvero come ho fatto ad arrivare alla cripta."

Elena cercò di tranquillizzarla, anche se non era facile. "McGregor ha detto che il calice di sangue è la risposta a tutte le domande che ci siamo fatte," spiegò. "Il controllo deve essere fatto. Vedremo come reagisci giorno dopo giorno."

"Ha detto anche che dovremo ripassare da loro dopo qualche giorno per informarli di come sta andando," aggiunse Elena, sperando che questa prospettiva potesse dare a Sylvia un po' di conforto.

Arrivarono finalmente a casa. Sylvia, ancora pallida e confusa, chiese: "Cosa è successo mentre ero svenuta?"

Elena annuì e iniziò a raccontare tutto ciò che era accaduto, mentre si dirigevano verso la cucina. "McGregor ha confermato che il tuo conflitto interiore è ancora forte," disse. "Mi ha dato questo bottiglino di sangue per fare la prova una volta al giorno."

Entrando in cucina, Elena aprì il frigo e ripose con cura il bottiglino al suo interno. "Dobbiamo essere pazienti, Sylvia. Questo è solo l'inizio."

Sylvia la guardò, cercando di trovare un po' di forza nelle parole dell'amica. "Spero solo che tutto questo abbia un senso e che troviamo una soluzione."

Elena guardò Sylvia negli occhi e le disse con voce ferma ma dolce: "Sylvia, non devi preoccuparti troppo. L'importante è accettare di essere quello che siamo. Se tu sarai vampira, sarà solo perché dentro di te lo desideravi. Se non lo sarai, tutto sarà come prima. Dobbiamo alleggerire la tensione, essere quello che siamo state questi giorni: fare i nostri giochi, scherzare, fare indagini. Sylvia ed Elena, le indagatrici dell'incubo."

Sylvia si fermò a riflettere sulle parole di Elena. Aveva ragione. In fondo, la vera sfida era accettarsi per quello che si è o, ancora meglio, per quello che si desidera essere, anche se si ha paura di esserlo. Era così semplice. Sylvia sorrise, lasciando che un peso le scivolasse via dalle spalle.

Con un gesto deciso, Sylvia si spogliò, avvicinandosi a Elena con un sorriso malizioso. Le sussurrò all'orecchio: "E ora voglio sapere da te, Elena Harper, cosa hai provato quando mi hai visto svenuta e cosa avresti voluto farmi! Parla, agente Harper, voglio sapere!"

Elena sorrise a sua volta, sentendo un misto di divertimento e desiderio. Si spogliò anche lei e rispose: "Oh, Sylvia, avrei voluto fare molte cose... E adesso, voglio mostrarti."

Le due si avvicinarono, lasciando che la passione e il desiderio prendessero il sopravvento. Ogni bacio e ogni tocco erano un modo per ritrovare la loro complicità, per ricordare che, nonostante tutto, erano sempre le stesse. Si dedicarono l'una all'altra con intensità, dimenticando per un momento le loro paure e le loro incertezze.

Elena, con un sorriso, sussurrò: "Sai, Sylvia, che tu sia umana o vampira, noi saremo sempre Sylvia ed Elena, le indagatrici dell'incubo."

Sylvia annuì, stringendo Elena più forte. In quel momento, trovò la forza e la determinazione, le due donne, avvolte dalla passione e dalla complicità, si persero l'una nell'altra, lasciando che la notte le avvolgesse in un abbraccio senza fine.

La mattina seguente, Elena si svegliò, si alzò dal letto, e si diresse verso la cucina. Appena arrivata, si trovò davanti uno spettacolo inaspettato: il frigo era aperto, e Sylvia giaceva a terra svenuta, indossando solo un perizoma. Elena sospirò e pensò che per oggi la prova era stata fatta e che la situazione sembrava stabile. Si chinò accanto a Sylvia e cercò di svegliarla, cosa che non richiese molto tempo.

Sylvia, completamente intontita, aprì lentamente gli occhi e chiese: "Dove mi trovo? Cosa è successo?"

Elena sorrise e rispose alla prima domanda: "Sei in cucina, e sei svenuta." Poi, con un tono divertito, aggiunse: "Sul cosa è successo, direi che dovresti dirmelo tu, anche se sospetto che tu abbia aperto il frigo e ti sia trovata davanti la bottiglietta di sangue."

Sylvia annuì debolmente, ricordando l'episodio. "Sì, esattamente. Non ci ho pensato e quando ho visto la bottiglietta di sangue... è successo."

Elena rise, sollevata dal fatto che la situazione fosse sotto controllo. "Quindi, prova fatta e situazione stabile," concluse con un sorriso.

Le due donne iniziarono a scherzare parecchio su quanto accaduto. Sylvia, con un sorriso ironico, disse: "Beh, almeno sappiamo che la prova funziona."

Elena, sempre divertita, rispose: "Sì, e devo dire che svegliarmi così è stato... interessante."

Dopo essersi riprese, Sylvia guardò nel suo PC per vedere se c'erano dei nuovi casi da affrontare. Alcuni c'erano, ma non erano sicure se fosse il momento giusto per iniziare a lavorarci.

Elena, con un sorriso malizioso, prese in giro Sylvia: "Per favore, Sylvia, fammi passare altre mattinate così. È stato... immenso."

Sylvia rise, scoprendo di essere in grado di vedere il lato comico della situazione nonostante tutto. Le due si abbracciarono, trovando forza e conforto l'una nell'altra.

Uscirono insieme, mano nella mano, passeggiando per le strade di Edimburgo. Sylvia era decisamente più rilassata. Il discorso sull'accettarsi per ciò che si è, indipendentemente da ciò che si diventa, l'aveva tranquillizzata. Inoltre, l'idea di essere una vampira, in fondo in fondo, aveva il suo fascino.

I discorsi iniziarono in modo scherzoso mentre camminavano. "Elena, se io diventassi una vampira, e i segni ci sono – vedi che porto gli occhiali, sento i vampiri in giro, il sangue mi attrae... anche se... vabbè, dicevo, se io diventassi una vampira, tu cosa vorresti? Ti basterebbe stare con me nel tuo ciclo vitale invecchiando oppure mi chiederesti di fare anche di te una vampira?"

Elena rifletté per un momento prima di rispondere. "Sai, Sylvia, è una domanda difficile. Non ci ho mai pensato seriamente fino ad ora. Da una parte, penso che invecchiare insieme e condividere una vita 'normale' potrebbe essere bellissimo. Dall'altra, l'idea di passare l'eternità con te ha il suo fascino, anche se comporta molte incognite e sfide."

Sylvia annuì, pensierosa. "Sì, immagino che entrambe le possibilità abbiano i loro pro e contro. L'eternità può sembrare una benedizione, ma anche una maledizione. Sarebbe un grande impegno, una scelta che cambia la vita... anzi, tutte le vite future."

"Esattamente," rispose Elena. "Ma sai una cosa? La cosa più importante per me è stare con te. Se decidi di diventare una vampira, troveremo un modo per affrontarlo insieme. E se resti umana, troveremo un modo per far funzionare anche quello."

Camminarono in silenzio per un po', godendosi la reciproca compagnia e il panorama di Edimburgo. Poi Sylvia, con un sorriso malizioso, disse: "Sai, Elena, c'è un'altra domanda che mi frulla in testa. Se io diventassi una vampira, tu ti sentiresti al sicuro con me? O avresti paura che potrei farti del male?"

Elena rise. "Oh, Sylvia, mi sento al sicuro con te ora e mi sentirò al sicuro con te anche se dovessi diventare una vampira. Sei la persona più gentile e amorevole che conosca. Non credo che tu possa mai farmi del male, indipendentemente da cosa diventi."

Sylvia arrossì leggermente. "Grazie, Elena."

Continuarono a camminare, chiacchierando e scherzando, finché Sylvia propose un'idea. "Ehi, che ne dici se prendiamo la moto e facciamo un giro sul Loch Ness? Potrebbe essere divertente e rilassante, e poi... chissà, magari incontriamo Nessie!"

Elena rise. "Ottima idea! Un po' di avventura ci farà bene. Andiamo!"

Una Gita Tranquilla al Loch Ness

Elena e Sylvia salirono sulla moto, con Elena alla guida e Sylvia che la stringeva forte da dietro. Il vento fresco di Edimburgo le avvolgeva mentre lasciavano la città, dirette verso il Loch Ness. Il tragitto era panoramico, con colline verdi e distese di natura incontaminata che si susseguivano.

Mentre attraversavano il paesaggio scozzese, Sylvia si sentiva sempre più rilassata. "Elena, sai che adoro questi momenti? La sensazione di libertà, il vento nei capelli... mi fa dimenticare tutte le preoccupazioni."

Elena sorrise, alzando leggermente la voce per farsi sentire sopra il rumore del motore. "Anche a me piace! È come se tutti i nostri problemi fossero lontani miglia e miglia."

Dopo un paio d'ore di viaggio, giunsero finalmente al Loch Ness. Parcheggiarono la moto vicino a un piccolo molo e decisero di esplorare la zona a piedi. Il lago era immenso e misterioso, con le sue acque scure che riflettevano il cielo nuvoloso.

"Immagina se vedessimo Nessie," scherzò Sylvia, camminando lungo la riva. "Sarebbe la ciliegina sulla torta di questa giornata."

Elena rise. "Sì, e potremmo aggiungerlo al nostro curriculum: 'Investigatrici dell'incubo e scopritrici di mostri leggendari'!"

Si incamminarono lungo un sentiero che costeggiava il lago, chiacchierando di tutto e di niente, godendosi la reciproca compagnia. Il tempo passava rapidamente, e quando il sole iniziò a tramontare, si fermarono su una piccola collina per ammirare il panorama.

"È bellissimo," disse Sylvia, sedendosi sull'erba. "Mi fa sentire così piccola di fronte alla vastità del mondo."

Elena si sedette accanto a lei, prendendole la mano. "Sì, lo è. Ma ricorda, anche le cose più piccole possono avere un grande impatto. Tu, per esempio, hai cambiato la mia vita."

Sylvia sorrise, sentendosi profondamente commossa. "Anche tu hai cambiato la mia, Elena."

Il momento di serenità fu interrotto da un rumore insolito proveniente dalle acque del lago. Entrambe si alzarono di scatto, guardandosi attorno. "Hai sentito anche tu?" chiese Sylvia.

Elena annuì, scrutando il lago. "Sì, sembrava qualcosa di grosso."

Continuarono a osservare le acque, ma non videro nulla di anomalo. Dopo qualche minuto, il rumore cessò e il lago tornò alla sua tranquillità. "Forse era solo un grosso pesce," disse Sylvia, cercando di convincere se stessa.

"Oppure Nessie ci ha voluto dare un saluto," scherzò Elena, cercando di alleggerire l'atmosfera.

Decisero di tornare alla moto e rientrare a casa prima che facesse completamente buio. Il viaggio di ritorno fu tranquillo, e il dialogo tra loro spaziava dai ricordi condivisi ai piani per il futuro.

Arrivate a casa, erano stanche ma felici. "È stata una giornata fantastica," disse Sylvia, spegnendo la moto. "Grazie per avermi portata qui, Elena."

Elena sorrise e le diede un bacio sulla guancia. "Sempre a disposizione. Ora, andiamo dentro e rilassiamoci un po'."

Oltre il Controllo: La Prima Trasformazione

Quella sera, l'atmosfera tra Elena e Sylvia era densa di intimità e desiderio. Avevano trascorso una giornata meravigliosa insieme, e ora si trovavano nel salotto, avvolte da una musica lenta di sottofondo, con un bicchiere di torbato in mano. Entrambe indossavano solo un perizoma nero, abbracciate e scambiandosi baci e parole dolci.

Mentre si stringevano, il bicchiere di Elena si scontrò con il tavolino, cadendo e rompendosi in mille pezzi. Senza pensarci troppo, Elena raccolse i frammenti più grandi per gettarli via, ma con uno di essi si tagliò leggermente, facendo uscire del sangue.

Sylvia vide il sangue e il suo corpo si irrigidì. I suoi occhi diventarono di fuoco, il desiderio divenne bramosia, poi necessità. I suoi canini si allungarono e, in un impeto incontrollabile, si lanciò su Elena. Ma Elena, agente speciale di Scotland Yard proposta per il SIS, reagì con i suoi riflessi fulminei, evitando Sylvia e colpendola in testa con la bottiglia di whisky. Sylvia crollò a terra, svenuta e sanguinante. I suoi denti si ritirarono e gli occhi tornarono normali, ma Elena pianse disperatamente, pensando che quello poteva essere un punto di non ritorno.

Elena pulì il sangue di Sylvia, la abbracciò e si ritrovò a ringraziare i suoi riflessi per aver evitato il peggio. Con grande fatica, raccolse Sylvia e la adagiò sul divano, pensando che fosse meglio non portarla a letto. Si assicurò che respirasse e rimase con lei per due lunghe ore, il cuore pieno di ansia e disperazione.

Quando Sylvia riaprì gli occhi, guardò Elena con confusione. "Elena, cosa è successo? Perché sono qui?" chiese, con un gran mal di testa.

Elena scoppiò a piangere di nuovo. Ci volle del tempo prima che riuscisse a rispondere. Poi, con voce tremante, le raccontò tutto. Parlò della loro serata insieme, del bicchiere rotto, del taglio alla mano e della reazione incontrollabile di Sylvia al sangue.

Sylvia ascoltava, sconcertata e affranta. "L'ultima cosa che ricordo è il bicchiere che si rompeva," disse, la voce piena di tristezza e rimorso.

Elena le prese la mano, cercando di rassicurarla. "Sylvia, non è colpa tua. Questo è quello che dobbiamo affrontare. Dobbiamo trovare un modo per controllare questa cosa, per capire come gestirla."

Sylvia annuì, gli occhi lucidi di lacrime. "Ho paura, Elena. Ho paura di quello che potrei fare, di perdere il controllo e ferire qualcuno, ferire te."

Elena la strinse forte. "Ci riusciremo insieme. Troveremo una soluzione. Ma ora dobbiamo essere forti, per noi stesse e per quello che siamo diventate. Io ti amo, Sylvia, e niente cambierà questo."

Sylvia sorrise debolmente, trovando un po' di conforto nelle parole di Elena. "Anche io ti amo, Elena. Grazie per essere qui con me."

Elena, sempre tenendo abbracciata Sylvia e promettendole che insieme avrebbero superato tutto, sapeva che doveva raccontarle ogni dettaglio di quanto era accaduto. Doveva essere onesta, perché solo conoscendo il problema nel suo aspetto peggiore avrebbero potuto affrontarlo davvero.

"Devo dirti tutto, Sylvia," iniziò Elena, la voce ferma ma dolce. "Quando ti sei girata verso di me, i tuoi occhi erano di fuoco e i tuoi denti si sono allungati. Ti sei lanciata su di me, e non avresti esitato a... sbranarmi." Fece una pausa, cercando di mantenere la calma. "Ho dovuto reagire in fretta. Ti ho colpita in testa con la bottiglia di whisky e ti ho vista crollare, coperta dal tuo sangue."

Sylvia ascoltava, le lacrime scorrendo silenziose lungo il viso. "Mi hai salvata, Elena. Grazie... Grazie per avermi colpita." Il dolore e la gratitudine si mescolavano nella sua voce.

Elena continuò, il cuore pesante. "Non è stato facile vederti così. Ma dovevo fermarti, per te, per noi. Sapevo che non eri in controllo, che non eri davvero tu. Ma è stato terribile. Ho avuto paura, Sylvia. Paura di perderti e di quello che avresti potuto fare."

Sylvia singhiozzò leggermente, stringendo Elena ancora più forte. "Cosa posso fare per controllare questo? Come posso evitare che succeda di nuovo? Non voglio farti del male, non voglio fare del male a nessuno."

Elena la accarezzò dolcemente. "Lo so, Sylvia. E non lo farai. Dobbiamo lavorare insieme, trovare un modo per gestire questa situazione. Dobbiamo continuare con il controllo quotidiano del calice di sangue. E forse, dobbiamo anche parlare con gli Antichi di nuovo, capire se c'è qualcosa che possiamo fare per aiutarti a controllare questi impulsi."

Sylvia annuì, determinata nonostante la paura. "Sì, dobbiamo farlo. Non posso permettermi di perdere il controllo così. Devo sapere cosa fare, come comportarmi."

Elena la guardò negli occhi, trasmettendole tutta la forza e l'amore che sentiva. Sylvia fece qualche altra domanda, cercando di capire meglio cosa fosse successo e come avrebbero potuto prevenirlo in futuro. Elena rispose con calma e sincerità, spiegando ogni dettaglio, ogni emozione che aveva provato. La sincerità e la trasparenza erano essenziali per superare quella prova.

Dopo aver parlato a lungo, si sentirono entrambe più sollevate, anche se la strada davanti a loro era ancora incerta. Sylvia, con le lacrime agli occhi, ringraziò Elena ancora una volta per averla salvata e per la sua sincerità.

Quella notte, nonostante le parole rassicuranti e la determinazione a superare insieme quella prova, Elena non riuscì a sentirsi del tutto tranquilla. Distesa accanto a Sylvia, poteva sentire il ritmo lento e regolare del suo respiro, ma la sua mente era in tumulto. Dormì pochissimo, l'inquietudine la teneva sveglia. Pensieri contrastanti affollavano la sua mente.

"Come faremo a gestire tutto questo?" pensava, rigirandosi nel letto. "Sylvia sta combattendo contro qualcosa di più grande di noi. E se non riuscisse a controllarsi? E se un giorno non potessi fermarla in tempo?"

Guardava Sylvia nel buio, cercando di trovare delle risposte. "Voglio proteggerla, ma come posso proteggerla da se stessa? E se io non fossi abbastanza forte?"

Ogni tanto, si alzava silenziosamente dal letto e andava a sedersi in cucina, fissando il frigo come se cercasse una soluzione. La bottiglietta di sangue dentro sembrava un simbolo tangibile della loro lotta.

"Dobbiamo continuare con il controllo quotidiano. Ma sarà sufficiente? Dobbiamo trovare un modo per aiutarla a gestire questi impulsi. E se parlare con gli Antichi non bastasse?"

I pensieri di Elena tornavano sempre alla stessa domanda: "Posso davvero farcela? Posso davvero essere all'altezza di questa situazione?"

E poi c'era la questione del futuro. Sylvia le aveva chiesto cosa avrebbe voluto se lei diventasse una vampira. "E se diventasse davvero una vampira? Potrei chiedere di essere trasformata anch'io? Potrei davvero fare questo passo? La mia vita cambierebbe per sempre. Ma senza Sylvia, non sarebbe vita."

Infine, dopo ore di riflessione, tornò a letto e si rannicchiò accanto a Sylvia, cercando di trovare un po' di conforto nel calore del suo corpo.

La notte passò lenta, ma alla fine Elena riuscì a chiudere gli occhi e a trovare un po' di riposo.

Quella mattina, quando Elena si alzò prima di Sylvia e andò in cucina, il peso delle sue preoccupazioni sembrava insostenibile. Mentre si preparava una tazza di caffè, dovette ammettere a se stessa una verità dolorosa: aveva paura di Sylvia.

Non era solo il timore che la situazione stesse sfuggendo di mano, ma una paura più profonda, più primitiva. "Sto dormendo accanto a una vampira," pensava Elena, sentendo il nodo alla gola stringersi sempre di più. Le lacrime iniziarono a scorrere silenziosamente lungo il suo viso. Non poteva più negarlo, nemmeno a se stessa.

La notte precedente aveva lottato con pensieri tormentati, ma il giorno gettava una luce cruda sulla realtà. "E se Sylvia non riuscisse a controllarsi? E se un giorno mi attaccasse senza che io potessi fermarla?" Questi pensieri la paralizzavano.

Guardava il frigo, ricordando il sangue conservato al suo interno. Era un promemoria costante della minaccia latente. "Devo affrontare la verità," pensò. "Non posso nascondere questa paura. Solo affrontandola posso sperare di risolvere il problema."

Si sedette al tavolo della cucina, le mani tremanti mentre stringeva la tazza di caffè. La mente vagava, cercando una soluzione, un modo per proteggere Sylvia e sé stessa.

Quando Sylvia finalmente si svegliò e raggiunse Elena in cucina, la trovò con gli occhi arrossati e un'espressione di profonda preoccupazione sul viso.

"Sylvia, dobbiamo parlare," disse Elena con una voce che tradiva la sua angoscia. "Non posso più ignorare quello che sta succedendo. Ho paura. Ho paura di quello che potresti diventare. Ho paura di addormentarmi accanto a te e di non svegliarmi più."

Sylvia si fermò, colpita dalla sincerità cruda di Elena. "Elena, io... non voglio farti del male," rispose con la voce rotta dalle emozioni.

"Lo so, Sylvia. Ma non possiamo fingere che questa paura non esista. Dobbiamo affrontarla insieme. Dobbiamo trovare un modo per gestire questa situazione, perché se non lo facciamo, temo che potrebbe finire in tragedia."

Sylvia annuì, le lacrime brillando nei suoi occhi. "Hai ragione, Elena. Affronteremo questa paura insieme. Troveremo una soluzione."

In quel momento, la determinazione di entrambe crebbe. Avevano ammesso la verità più difficile di tutte, e ora erano pronte a combattere, fianco a fianco, contro qualsiasi avversità.

Quando Sylvia entrò in cucina, sembrava ancora più bella del solito. La sua pelle era radiosa e i suoi occhi brillavano di una luce intensa, quasi ipnotica. Elena cercò di parlare, ma la già elevata sensibilità di Sylvia, acuita dalle nuove capacità del vampiro, la rendeva un essere davvero superiore. Sylvia percepiva tutto, ancor prima che Elena potesse esprimere le sue preoccupazioni.

La bellezza di Sylvia, combinata con un'impressione di vulnerabilità, spinse Elena ad abbracciarla stretta. Aveva paura, sì, ma l'amava profondamente, e Sylvia lo capiva. Tuttavia, era indubbio che il germe del vampiro stava crescendo in lei. Sylvia era nuda, indossava solo un perizoma bianco, quasi a segnalare il suo bisogno di aiuto.

Fu Sylvia a rompere il silenzio, proponendo di fare la prova. Elena sentiva una paura inconscia che la vista del sangue avrebbe potuto scatenare di nuovo il vampiro, ma Sylvia sembrava determinata. "La farò da sola," disse Sylvia, ma era chiaro che non poteva affrontare questa prova senza l'aiuto di Elena.

Sylvia allora suggerì un'idea: "Legami, come quel lupo mannaro. Ricordi?" disse con un sorriso, cercando di alleggerire la tensione. Elena ricordava benissimo quel caso, ma soprattutto ricordava i momenti passati con Sylvia, chiedendosi se sarebbero mai tornati.

"Colpiscimi se succede come l'altra volta. Dammi una botta in testa. Se mi dovessi trasformare, avrai il tempo di fermarmi," propose Sylvia. Ma Elena non poteva premeditare di colpirla, l'altra volta era stato un atto istintivo di autodifesa. L'idea di colpire Sylvia alla testa non rientrava proprio nelle sue possibilità.

"Proviamo e basta," disse Elena. "Quel che dovrà succedere, succederà." Cercavano entrambe di tranquillizzarsi, ricordando che era giorno e che, in teoria, la natura vampirica di Sylvia sarebbe stata meno influente. Decisero che la prova sarebbe stata considerata riuscita se Sylvia fosse svenuta o meno.

Il legame tra loro, fatto di istinto, bellezza e amore, le univa ancora. Dopo un ultimo abbraccio, Elena si diresse in cucina e prese il bottiglino di sangue.

Elena tolse il tappo al bottiglino e guardò Sylvia negli occhi, cercando disperatamente un segno dell'essere umano che amava. Ma gli occhi di Sylvia erano fissi solo sul bottiglino, il suo corpo iniziava a tremare, il desiderio evidente. Elena, terrorizzata, resistette. "Prendi, Sylvia," pronunciò il suo nome con fermezza, cercando di richiamarla alla sua umanità.

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Sylvia prese il bottiglino con avidità, portandolo alle labbra con un desiderio quasi incontrollabile. Ma, proprio quando stava per bere, il suo corpo sembrò ribellarsi. Non riuscì a portare il sangue alle labbra e, con un movimento brusco, Elena strappò il bottiglino dalle mani di Sylvia. Sylvia cadde a terra, svenuta.

Elena, in preda all'automatismo, riportò il bottiglino in frigo, chiudendolo con un gesto deciso. Poi, si sedette, incapace di trattenere le lacrime. Non si curò immediatamente di Sylvia, persa nei suoi pensieri contrastanti. La prova dimostrava ancora l'umanità di Sylvia, ma a quale prezzo?

Elena si trovava di fronte a un dilemma lacerante: forzare la natura umana di Sylvia, impedendo un cambiamento che, forse inconsciamente, lei desiderava, oppure lasciarla andare, permettendole di trasformarsi completamente in un vampiro.

Elena si sedette e pianse, il peso della decisione gravando su di lei come un macigno. Sylvia giaceva svenuta sul pavimento, un'immagine fragile di bellezza e tormento.

Sylvia si avvicinò lentamente a Elena, con gli occhi ancora socchiusi e una smorfia di dolore sul volto. "Sono svenuta, immagino..." disse, con un filo di voce.

"Sì," rispose Elena, cercando di mantenere la calma. "Ma ogni volta è sempre più difficile. Io credo che ormai dobbiamo affrontare che il germe sta andando avanti e potrebbe aver raggiunto il punto di non ritorno."

Sylvia sapeva che le parole di Elena erano vere. Lo sentiva profondamente dentro di sé, un cambiamento irreversibile che stava avvenendo. Presero un caffè insieme, ma anche il sapore del caffè sembrava diverso, meno appagante, quasi... insipido. Era buono, ma non come prima. Era solo bevibile.

Si vestirono e decisero di uscire, sperando che una passeggiata potesse aiutare ad accettare la realtà. Prima di uscire, Sylvia prese e indossò gli occhiali da sole, cercando di nascondere la vulnerabilità che sentiva.

Iniziarono a camminare e fu Sylvia a rompere il silenzio. "Quando ho fatto la prova, ricordo solo il bottiglino nelle tue mani," disse, con voce sommessa, "come la sera prima ricordo solo il bicchiere mentre cadeva..."

"Capisco," rispose Elena, cercando di trovare le parole giuste. "Il germe del vampiro sta prendendo il sopravvento, Sylvia. E ogni volta che succede, sembra che tu perda una parte di te stessa."

Camminarono in silenzio per un po', entrambe immerse nei propri pensieri. Le strade di Edimburgo erano affollate, ma sembravano distanti, come se fossero in una bolla tutta loro. Arrivarono davanti al Water of Leith e si fermarono, guardando il fiume che scorreva placido.

Elena si voltò verso Sylvia, prendendole le mani. "C'è una cosa che voglio fare," disse, con determinazione. "Voglio fare una promessa a te, a noi. Non lascerò che tu attraversi questo da sola. Ma dobbiamo essere oneste l'una con l'altra e accettare ciò che sta succedendo."

Sylvia guardò Elena negli occhi, sentendo una profonda connessione con lei. "Grazie, Elena," disse, con voce tremante. "So che non sarà facile, ma sapere che sei con me rende tutto più sopportabile. Non voglio perdermi in questo processo. Voglio rimanere io, anche se il germe del vampiro sta cambiando tutto."

Elena sorrise, stringendo le mani di Sylvia. "Non ti perderai, Sylvia. Troveremo un modo per farcela."

Il suono dell'acqua del fiume che scorreva placida sembrava calmarle entrambe, almeno per un momento. Elena prese un respiro profondo, guardando Sylvia negli occhi.

"Sylvia," iniziò Elena, con voce decisa, "io voglio tentare un'ultima cosa prima di accettare qualunque cosa la tua natura voglia, ma voglio farla da sola, senza condizionamenti. Stasera andrò da McGregor e gli racconterò dell'evoluzione del germe e voglio sentire, in base alla sua esperienza di 700 anni, cosa mi può consigliare. Lui ne sa più di noi due e chiunque altro. E poi mi dà fiducia. Ascolterò le sue parole e, se saranno convincenti, farò quello che dice, ma voglio essere sola."

Sylvia tentò di dissuaderla, il cuore in subbuglio. "Elena, non puoi andare da sola. E se qualcosa va storto? E se McGregor non avesse le risposte che cerchiamo?"

Ma Elena era inamovibile. "Sylvia, questa volta devo fare a modo mio. È importante per me, per noi. Dobbiamo provare tutto il possibile e io credo che McGregor possa aiutarci. Devo farlo da sola."

Sylvia, alla fine, accettò il fatto e capì che forse Elena aveva ragione. Forse era meglio lasciare che andasse da sola a parlare con McGregor. Sentiva che era un passo necessario.

Camminarono ancora, tentando di scherzare, ma con scarso successo. Sylvia avvertiva tutto con una nitidezza sconvolgente: non c'erano vampiri nei dintorni, era giorno, ma il sole cominciava a darle veramente fastidio. Sentiva nelle persone che passavano l'odore del loro sangue, un richiamo costante che doveva combattere.

Parlarono ancora un po', scambiando parole di conforto e cercando di mantenere una parvenza di normalità. Alla fine, decisero di rientrare a casa, sapendo che la notte avrebbe portato con sé nuove sfide e forse, nuove speranze.

Entrarono nel loro appartamento, l'atmosfera carica di tensione e aspettative. Sylvia si sedette sul divano, guardando Elena con occhi pieni di fiducia e preoccupazione.

"Stasera," disse Sylvia, "spero che McGregor possa darci delle risposte. E spero che tu torni presto, sana e salva."

Elena annuì, determinata. "Lo farò, Sylvia. Troveremo una soluzione, insieme."

Le due si abbracciarono, trovando conforto nel calore l'una dell'altra, pronte ad affrontare la notte e ciò che avrebbe portato.

Elena Incontra Alistair McGregor

Era già notte, più o meno le 23, quando Sylvia tentava di andare a dormire. Elena la baciò dolcemente e le ripeté che sarebbe andato tutto al meglio. "Peggio di così non è possibile," disse sorridendo. Poi nascose il bottiglino di sangue, non sapendo quale reazione avrebbe potuto avere Sylvia durante la notte. Prese il giubbotto nero e uscì.

George la vide passare, sapendo che Elena non poteva né vederlo né sentirlo, ma anche che nell'essere umano c'è qualcosa di inconscio che percepisce le energie. Voleva in questo modo comunicare a Elena che non era sola.

Arrivò al cimitero dei Covenanters e si sedette appoggiandosi a un muro. McGregor arrivò dopo poco insieme a due vampire. Elena non ebbe alcun timore, si fidava di loro.

"Sir Alistair," iniziò Elena, cercando di mantenere la calma, "devo raccontarti tutto ciò che è successo."

McGregor annuì, il suo sguardo penetrante e attento. "Inizia dall'inizio, Elena. Non tralasciare nulla."

Elena prese un respiro profondo e iniziò a raccontare. "La sera in cui si è rotto il bicchiere, Sylvia e io stavamo trascorrendo una serata tranquilla. Avevamo passato la giornata insieme, e quella sera eravamo rilassate, in salotto, con la musica di sottofondo e un bicchiere di torbato. Poi è successo... il bicchiere è caduto, si è rotto e io mi sono tagliata."

Una delle vampire, una apparente giovane donna dai capelli scuri e occhi blu molto intensi, interruppe con una domanda. "Cosa è successo subito dopo il taglio?"

Elena sospirò, cercando di ricordare ogni dettaglio. "Il sangue ha scatenato qualcosa in Sylvia. I suoi occhi sono diventati di fuoco, e i suoi canini si sono allungati. Era come se non fosse più lei. Ha cercato di attaccarmi, e l'unica cosa che ho potuto fare è stata colpirla con la bottiglia di whisky."

McGregor annuì, serio. "E poi?"

"È crollata a terra, svenuta e sanguinante. Ho pulito il suo sangue e l'ho portata sul divano. È stata una notte terribile, piena di paura e di preoccupazione."

La seconda vampira, una donna dai capelli biondi e occhi verdi penetranti, chiese: "E la prova? Come è andata?"

Elena continuò, il tono della sua voce pieno di tensione. "La mattina dopo, Sylvia ha trovato il frigo aperto ed è svenuta di nuovo. Era attratta dal sangue, ma non riusciva a sopportarlo. Abbiamo deciso di fare la prova insieme, ma lei è svenuta di nuovo appena ha visto il bottiglino."

McGregor la guardò intensamente. "Elena, questo è un segno evidente che Sylvia sta lottando contro la sua trasformazione. Cosa ne pensi tu?"

Elena si prese un momento per riflettere. "Penso che Sylvia stia cercando di resistere, ma la sua natura vampirica sta prendendo il sopravvento. Non so cosa fare per aiutarla. Ho paura per lei, ma non voglio perderla."

La vampira dai capelli scuri fece una considerazione. "La resistenza al sangue umano è un segno di lotta interna. Sylvia potrebbe non voler accettare completamente la sua trasformazione."

Elena annuì. "È quello che penso anch'io. Ma come posso aiutarla? Non posso colpirla ogni volta che si trasforma. Non posso continuare a vivere nella paura."

McGregor si prese un momento per riflettere. "Hai fatto bene a venire da me, Elena. La situazione è delicata, ma non senza speranza. Prima di dirti cosa fare, dobbiamo capire esattamente cosa Sylvia desidera e come possiamo aiutarla a trovare il suo equilibrio."

Elena lo guardò con speranza. "Cosa devo fare, allora? Come posso salvare Sylvia da se stessa?"

McGregor parlò con voce grave e rassicurante: "Elena, se ami veramente Sylvia, devi fare una cosa che per te e per lei sarà terribile: la devi lasciare."

A quelle parole, Elena, che si era alzata in piedi, si appoggiò al muro per non cadere. La sensazione di vertigine la stava prendendo, ma l'adrenalina la teneva su. "Ascolta, Elena, segui il mio discorso," continuò McGregor. "La devi lasciare se vuoi sperare di riaverla per sempre. Lasciando andare le cose così, la perderai di sicuro."

Elena non capiva, ma ascoltava. McGregor continuò: "Sylvia non ha ancora compreso appieno ciò che la sua natura le sta rivelando, ma sta rispondendo agli stimoli. Tu, Elena, hai sempre dimostrato che, qualsiasi cosa accadesse, saresti stata al suo fianco. E quali sono le due cose che Sylvia desidera di più? Te e la trasformazione che sta vivendo, perché sa che tu ci sarai comunque. Ma se vuoi davvero aiutarla a trovare il suo equilibrio, dovrai lasciarla andare. L'amore, come lo intendete voi, non può esistere tra un umano e un vampiro."

Elena ascoltava con un misto di paura e disperazione. "Sylvia dovrà scegliere," continuò McGregor. "O te o essere vampira. La scelta così sarà più realistica, perché non può essere vampira e avere l'amore come da umana. Bisognerà vedere se sarà più forte l'istinto del vampiro o la forza dell'amore, se prevarrà il vampiro la perderai ma se il vostro amore sarà più forte tornerà da te. Ma devi farlo subito, Elena. Già da stasera. Ogni momento che passa, il germe cresce. Ricorda, ti avrebbe sbranata."

McGregor si avvicinò a Elena, accarezzandole la spalla. "C'è dell'altro che vuoi condividere?" chiese. Elena, distrutta, non riusciva a trovare le parole. McGregor e le vampire, Natasha e Miriam, cercarono di confortarla. McGregor aggiunse: "George è qui con noi, anche se non lo vedi. Ti sta accarezzando."

Elena sorrise a quella rassicurazione. McGregor e le vampire ricordarono a Elena che il cimitero dei Covenanters era casa anche sua e di andare da loro quando voleva... alla luce della luna. Poi si allontanarono, lasciando Elena sola. George era lì, ma lei non poteva vederlo.

Elena uscì dal cimitero con le lacrime agli occhi. Le parole di McGregor erano giuste, erano terribili, ma le avevano dato una speranza. Era troppo da sopportare. Proprio davanti al mausoleo di George, Elena svenne, travolta dal peso della situazione.

Elena si riprese dopo circa dieci minuti, trovandosi ancora sola nel mausoleo di George. George le era rimasto vicino, ma nessun passante si era fermato a soccorrerla. Elena si alzò e camminò per la città fino all'alba, riflettendo su come affrontare la situazione. Sapeva già cosa doveva fare.

Quando tornò a casa, trovò Sylvia già in piedi, preoccupatissima. "Come è andata?" chiese Sylvia con ansia.

Elena le diede una risposta di circostanza. "McGregor mi ha dato qualche consiglio, ma non c'è niente di definitivo," disse, omettendo la verità. Poi aggiunse, "Facciamo un'altra prova con il sangue."

Sylvia, sebbene riluttante, acconsentì. Questa volta, i suoi spasmi furono più intensi, ma alla fine svenne di nuovo.

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L'Addio di Elena

Mentre Sylvia era priva di sensi, Elena preparò la sua valigia e si vestì. Aspettò che Sylvia si riprendesse. Quando Sylvia riaprì gli occhi, Elena era pronta per andare. "Sylvia," disse con voce tremante, "io non mi sento di condividere la mia vita con un vampiro." Senza aggiungere altro, Elena si girò e si diresse verso la porta.

Sylvia, ancora confusa e debilitata, cercò di alzarsi. "Elena, aspetta!" gridò con la voce spezzata dalle lacrime. Cercò di seguirla, ma le forze la tradirono e cadde in ginocchio.

Elena si fermò per un istante, con il cuore pesante. "Devi fare la tua scelta, Sylvia," disse senza voltarsi. Poi aprì la porta e uscì, lasciando Sylvia sola nella stanza.

Sylvia rimase a terra, le lacrime che scorrevano liberamente sul viso. Il dolore e la confusione erano insopportabili. "Elena, ti prego..." sussurrò, ma le sue parole si persero nel vuoto.

Sylvia rimase immobile sul pavimento, le lacrime che scorrevano incessantemente sul viso. Il dolore di vedere Elena andarsene era straziante. Ogni fibra del suo essere desiderava correre dietro a Elena, fermarla, ma sapeva che doveva affrontare la realtà che si stava trasformando. Sentiva il peso della solitudine, una solitudine che la opprimeva con forza crescente.

Dopo un po', riuscì a rialzarsi e si trascinò fino al divano. La casa sembrava vuota senza Elena, ogni angolo le ricordava momenti felici trascorsi insieme. Tentò di trovare conforto nelle parole di McGregor, cercando di capire la profondità del suo consiglio. Ma il dolore e la confusione erano troppo intensi.

Decise di fare una doccia, sperando che l'acqua calda potesse lavare via almeno un po' del suo tormento. Mentre l'acqua scorreva, sentì un miscuglio di emozioni: rabbia, tristezza, paura e, sorprendentemente, un po' di sollievo. Il sollievo di non dover nascondere più la sua trasformazione, di affrontare finalmente quello che stava diventando.

Una volta uscita dalla doccia, si guardò allo specchio. Gli occhi rossi e gonfi dal pianto, i segni del tormento sul volto. Era ancora Sylvia, ma con qualcosa di diverso, una luce oscura che brillava nei suoi occhi. Si vestì lentamente, cercando di trovare un po' di calma interiore.

Il mattino dopo decise di uscire, di camminare per la città. La luce del giorno la infastidiva sempre più, ma sentiva il bisogno di allontanarsi da quella casa piena di ricordi. Camminò senza una meta precisa, osservando la vita che scorreva intorno a lei. Persone che ridevano, parlavano, vivevano le loro vite senza sapere il dramma che stava vivendo.

Alla fine, si ritrovò vicino al fiume Water of Leith, dove spesso andava con Elena. Si sedette su una panchina e chiuse gli occhi, cercando di trovare un po' di pace. Sentì il fruscio delle foglie, il suono dell'acqua che scorreva. Tutto sembrava così normale, ma dentro di lei c'era una tempesta.

Pensò a quello che aveva detto McGregor. Doveva scegliere tra l'amore per Elena e la sua nuova natura. Ma come poteva scegliere? L'amore per Elena era una parte fondamentale di lei, eppure sentiva il richiamo crescente del vampiro dentro di sé. Un conflitto lacerante che sembrava non avere soluzione.

Rimase lì fino al tramonto, lasciando che i suoi pensieri fluissero liberamente. Alla fine, capì che doveva prendere una decisione. Forse aveva bisogno di più tempo, di più riflessione. Forse, alla fine, avrebbe trovato un modo per conciliare entrambe le parti di sé. Ma per ora, doveva affrontare il presente, un passo alla volta.

Sylvia si alzò dalla panchina e tornò lentamente verso casa, determinata a non farsi sopraffare. Aveva perso Elena, almeno per ora, ma non avrebbe perso se stessa. La notte era alle porte, e con essa, nuove sfide da affrontare.

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